lunedì 20 aprile 2009

IN CIMA ALLA MONTAGNA (click)


In una legatoria si deve conservare anche qualche pagina da incorniciare.

mercoledì 15 aprile 2009


Washington - Una gigantesca mano che sembra ghermire una manciata di stelle. Questa l’incredibile immagine, ribattezzata la "mano di dio" dai tecnici della Nasa scattata dal telescopio orbitante a raggi X Chandra. In realtà si tratta di una nebulosa distante circa 17 mila anni luce dalla Terra, che si estende per 150 anni luce. All’origine dello spettacolare fenomeno una pulsar, una stella di neutroni (B1509) che girando vorticosamente su se stessa, scarica nel cosmo la sua energia che alimenta la nebulosa. La stella di neutroni misura poco più di 20 chilometri di diametro e ha appena - dal punto di vista comsico - 1.700 anni.

lunedì 13 aprile 2009




Anche presso gli antichi egizi “coglioni” vuol dire “ i rossi” .

Pensavo , come molti di voi, che fosse stato Berlusconi il primo a definire “i rossi” coglioni. Invece, questa definizione, risale al 3000 a.c. ben 5000 anni fa!!!

Infatti, la possiamo trovare nei geroglifici egizi, come si può leggere sul libro “Il segreto dei Geroglifici” di Christian Jacq accademico francese ed egittologo. Il libro è stato pubblicato nel 1994.(in tempi non sospetti).


Riproduco integralmente un passo del libro.
(vedi immagine scritta)


Oltre tutto KHERUY è foneticamente più musicale di coglioni.


Anche la scrittura è esteticamente più elegante: (vedi immagine geroglifici)

Un cantautore rosso potrebbe farci una canzone autobiografica: KHERUY, KHERUY . Suona bene!

saluti

Sarc.

sabato 11 aprile 2009

ANCHE QUESTO PUO' FARE LA SCIENZA


Giuliano Guareschi (Rastelli)

BRESCELLO (Parma) — «Fi­nalmente anche qui posso sentirmi a casa mia, senza bi­sogno di nascondermi». Per­ché mai il settantaseienne Giuliano, bello, onesto ed emi­grato in Australia nel lontano '62 pronuncia queste parole nella piazza dove si fronteg­giano le statue di Peppone e don Camillo? Perché quattro mesi fa, finalmente, una sen­tenza del tribunale di Parma ha posto fine ad anni di so­spetti e dicerie dichiarando che «Giuliano Montagna... è figlio naturale di Giovannino Guareschi... e accerta il diritto di Giuliano Montagna ad assu­mere il cognome paterno (Guareschi)».

Proprio così: il «papà» del parroco e del sindaco più fa­mosi d’Italia ha un figlio, in più tenuto celato per una vita intera e solo adesso ricono­sciuto anche dalla legge. «Ma sia chiaro che per questo non ho mai chiesto né chiederò un soldo» precisa Giuliano. Ci sono voluti un infarto e un ictus perché Giuliano uscisse definitivamente allo scoperto. «Per 45 anni ho vissuto a Sydney, ho fatto il giornalista alla Fiamma, il giorna­le della comunità italiana di laggiù. Nemmeno in Au­stralia ho rivelato di chi ero figlio. Pensate che nel '68 il mio capo mi chia­ma e mi dice: 'È mor­to uno scrittore italia­no che è delle tue parti: scrivi un pezzo'. Fu così che dovetti buttare giù l'arti­colo sulla scomparsa di Gio­vannino Guareschi».

Flash back necessario: si torna agli anni '30, quando il giovane Guareschi, non anco­ra sposato, non ancora scritto­re, nei paesi in riva al Po in­treccia una relazione con una diciannovenne, Luisa Carta, e nasce un figlio chiamato Giu­liano, che non viene ricono­sciuto dal padre.

«Erano tempi un po’ così, in fatto di morale — commen­ta oggi il «frutto di quella colpa» — e non ho mai voluto male a mio padre per questo. Forse nei suoi panni anch'io avrei fat­to lo stesso». Tocca a Luisa, nel frattem­po sposatasi con un certo Mon­tagna, rivelare a Giuliano ra­gazzo chi è davvero il suo geni­tore. «Rintracciai l'indirizzo dove Guareschi viveva a Mila­no — racconta il figlio — bus­sai alla sua porta. 'Di cosa hai bisogno?' mi chiese lui compa­rendo sull’uscio. 'Sono Giulia­no...' risposi. Lui capì e mi fe­ce entrare».

Nacque da lì un rapporto fatto di incontri saltuari ma sinceri. «Non gli chiesi mai nulla, se non di farmi entrare in qualche giornale a Milano. Lui non voleva, temeva che la storia del figlio illegittimo ve­nisse a galla e temeva soprat­tutto che lo venissero a sapere i comunisti, sempre a caccia di qualche argomento per at­taccarlo. Alla fine mi racco­mandò solo per un posto co­me operaio alla Barilla».

Nel '62 Giuliano prende so­gni, bagagli e fidanzata e va in Australia: «Da allora sono tor­nato raramente, nel 2000 sono rimpatriato per curarmi il cuo­re malato; pensando di essere vicino alla fine scrissi una let­tera ad Alberto e Carlotta, i fi­gli di Guareschi, ottenni una ri­sposta piuttosto fredda. Decisi di fare ricorso al tribunale di Parma perché dichiarasse che anch’io sono un Guareschi».

Nel dicembre scorso l'esa­me del Dna, confrontato con quello di Alberto e Carlotta, gli ha dato ragione. E lui è pu­re guarito dal mal di cuore.


Claudio Del Frate
11 aprile 2009

giovedì 2 aprile 2009

MA MARCELLO HA ALTRI TESORI.





Una storia di antiquariato: un antico leggío ed un vecchio Messale.


Nello studio di mia madre, faceva bella mostra di sé un leggío, molto antico, con un vecchio messale, entrambi, da sempre, nella nostra famiglia. Quando un oggetto è da tempi immemorabili sempre nel solito posto, non ci si fa più caso, si fonde con l’ambiente e fa parte dell’arredamento della stanza, ma, se lo rimuovi, tutti se ne accorgono.


Un messale da altare del 1902, tipograficamente bello, con diverse illustrazioni: un buon libro, non antico, ma che non sfigura accanto a volumi più datati.


Conformemente alla liturgia di S. Pio V è in latino e questo fu il suo “dramma”.


Quando, alla conclusione del concilio Vaticano II, le campane suonarono a morte per la Messa in latino, mia madre da fervente cattolica qual’era, accettò, obtorto collo, la nuova liturgia e pensò di sostituire il “vecchio messale” con uno nuovo.


Le immediate proteste di mio padre e mie, che eravamo decisamente contrari all’ ”oscurantismo progressista” verso cui si stava indirizzando la Chiesa, la fecero giungere ad un compromesso, mettere il ”vecchio Messale” in libreria e sostituirlo con un’edizione dei Vangeli.


Così per anni fino alla scomparsa di mia madre, quando mia sorella volle in tutti i modi il leggío. Il Vangelo era un’edizione non molto interessante, ma il leggío era della fine del ‘600 e, per un appassionato di antichità, come sono, la cosa mi andava giù male ma, dovetti ammettere che tra me laico e lei cattolica osservante, era più giusto che lo prendesse lei.


Il “povero” Messale rimase pressoché dimenticato in una libreria per tanti anni ancora, fino a quando lessi della “riabilitazione” della liturgia in latino.


Solo così mi sono ricordato di questo vecchio libro e gli ho ridato una giusta collocazione, seppur su un leggío moderno, in attesa di trovarne uno di mio gradimento, anzi di “nostro” gradimento.




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