sabato 11 aprile 2009

ANCHE QUESTO PUO' FARE LA SCIENZA


Giuliano Guareschi (Rastelli)

BRESCELLO (Parma) — «Fi­nalmente anche qui posso sentirmi a casa mia, senza bi­sogno di nascondermi». Per­ché mai il settantaseienne Giuliano, bello, onesto ed emi­grato in Australia nel lontano '62 pronuncia queste parole nella piazza dove si fronteg­giano le statue di Peppone e don Camillo? Perché quattro mesi fa, finalmente, una sen­tenza del tribunale di Parma ha posto fine ad anni di so­spetti e dicerie dichiarando che «Giuliano Montagna... è figlio naturale di Giovannino Guareschi... e accerta il diritto di Giuliano Montagna ad assu­mere il cognome paterno (Guareschi)».

Proprio così: il «papà» del parroco e del sindaco più fa­mosi d’Italia ha un figlio, in più tenuto celato per una vita intera e solo adesso ricono­sciuto anche dalla legge. «Ma sia chiaro che per questo non ho mai chiesto né chiederò un soldo» precisa Giuliano. Ci sono voluti un infarto e un ictus perché Giuliano uscisse definitivamente allo scoperto. «Per 45 anni ho vissuto a Sydney, ho fatto il giornalista alla Fiamma, il giorna­le della comunità italiana di laggiù. Nemmeno in Au­stralia ho rivelato di chi ero figlio. Pensate che nel '68 il mio capo mi chia­ma e mi dice: 'È mor­to uno scrittore italia­no che è delle tue parti: scrivi un pezzo'. Fu così che dovetti buttare giù l'arti­colo sulla scomparsa di Gio­vannino Guareschi».

Flash back necessario: si torna agli anni '30, quando il giovane Guareschi, non anco­ra sposato, non ancora scritto­re, nei paesi in riva al Po in­treccia una relazione con una diciannovenne, Luisa Carta, e nasce un figlio chiamato Giu­liano, che non viene ricono­sciuto dal padre.

«Erano tempi un po’ così, in fatto di morale — commen­ta oggi il «frutto di quella colpa» — e non ho mai voluto male a mio padre per questo. Forse nei suoi panni anch'io avrei fat­to lo stesso». Tocca a Luisa, nel frattem­po sposatasi con un certo Mon­tagna, rivelare a Giuliano ra­gazzo chi è davvero il suo geni­tore. «Rintracciai l'indirizzo dove Guareschi viveva a Mila­no — racconta il figlio — bus­sai alla sua porta. 'Di cosa hai bisogno?' mi chiese lui compa­rendo sull’uscio. 'Sono Giulia­no...' risposi. Lui capì e mi fe­ce entrare».

Nacque da lì un rapporto fatto di incontri saltuari ma sinceri. «Non gli chiesi mai nulla, se non di farmi entrare in qualche giornale a Milano. Lui non voleva, temeva che la storia del figlio illegittimo ve­nisse a galla e temeva soprat­tutto che lo venissero a sapere i comunisti, sempre a caccia di qualche argomento per at­taccarlo. Alla fine mi racco­mandò solo per un posto co­me operaio alla Barilla».

Nel '62 Giuliano prende so­gni, bagagli e fidanzata e va in Australia: «Da allora sono tor­nato raramente, nel 2000 sono rimpatriato per curarmi il cuo­re malato; pensando di essere vicino alla fine scrissi una let­tera ad Alberto e Carlotta, i fi­gli di Guareschi, ottenni una ri­sposta piuttosto fredda. Decisi di fare ricorso al tribunale di Parma perché dichiarasse che anch’io sono un Guareschi».

Nel dicembre scorso l'esa­me del Dna, confrontato con quello di Alberto e Carlotta, gli ha dato ragione. E lui è pu­re guarito dal mal di cuore.


Claudio Del Frate
11 aprile 2009

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