martedì 29 luglio 2008

DUEPASSI DA RAVELLO


Albero del mio orto

Il mio pino

Vista sulla stradina

Vista dalla veranda

Vista dellorto dalla terrazza

Vista dalla veranda

giovedì 24 luglio 2008

SONO PIPPO E DA OGGI LA MASCOTTE DI QUESTO BLOG


Sentite quello che va raccontando di me il mio più caro amico , parla anche del mio mal di denti.....

Pippo Pippo Pippo è stato per due giorni un po' rintontito ma poi è tornato quello di prima.
Devi sapere che al mattino ormai conosce le mie abitudini perfettamente.
Mi alzo e mi siedo sul divano per leggere i titolo dei giornali sul televideo, faccio colazione, quando mi alzo dal divano incomincia ad abbaiare, con quella vociona cavernosa rimbomba tutta la casa.
Fino a quando non vede il guinzaglio in mano mia non la smette.
Usciamo e andiamo a prendere il giornale, poi andiamo al bar a bere un caffè, Pippo entra e si mette accucciato vicino a me.
La Signora del Bar gli mette da parte la brioches del giorno prima, quelle senza confettura o crema, si fa la sua brioches e poi torniamo a casa.
Qualche cliente del bar si è lamentato con la Propriertaria perchè fa entrare il mio cane e lei gli ha risposto che se fa entrare un cane come lui possono benissimo entrare tutti i cani e che Pippo non era un cane qualunque.
Quando gli passa vicino qualcuno , mentre è accucciato dico sempre di stare tranquilli che gli ho insegnato a mordere solo i comunisti e affini.
Guia a me se vado al bar senza Pippo la Propietaria non mi da nemmeno un bicchiere d'acqua, appena entro dov'è Pippo ?
Poi tranquilli torniamo a casa e se ne sta buono tutto il giorno.
Lunedì lo devo portare a visita di controllo ma mi sa che appena vede la Veterinaria mi scappa gambe levate.
Gioacchino

mercoledì 23 luglio 2008

IL CAROLY, NAVE SCUOLA DELLA MARINA MILITARE ITALIANA (click)


Questo per la galleria fotografica : http://www.ponentevarazzino.com/gallery/Veliero_Caroly/Caroly3.jpg

lunedì 21 luglio 2008

Dal quotidiano Il Tempo di Roma, oggi.


«Questo non può essere l'oggetto di un articolo. Lei mi ...

«Questo non può essere l'oggetto di un articolo. Lei mi deve aiutare a fare una battaglia che è culturale e storica. È una battaglia scientifica e, me lo lasci dire, anche spirituale. Dobbiamo superare pregiudizi e paure e smontare un castello intellettuale che continua a gettare ombra sulla verità».

Pacata, asciutta e ferma nel suo ragionamento Maria Grazia Siliato. Da quasi una vita la grande archeologa si affatica attorno all'oggetto più misterioso della cristianità: alla Sindone, il lenzuolo o il telo di lino che avrebbe avvolto il corpo di Cristo. Un lenzuolo che, se autentico, conterrebbe il sangue del Figlio di Dio e persino il suo Dna. Sarebbe la prova di un avvenimento, anzi dell'Avvenimento per eccellenza della storia dell'umanità. Se falso, invece, non smonterebbe la fede di chi crede nella morte e resurrezione di Gesù, ma - per essere onesti - rappresenterebbe un'enorme delusione per milioni di fedeli e contribuirebbe a screditare la Chiesa cattolica agli occhi del mondo protestante e non cristiano. Incontro la Siliato a Lanuvio ai Castelli Romani. Non vive in una casa, bensì nella storia. In un castello di Marcantonio Colonna, una dimora affascinante e labirintica, foderata di libri e pergamene, mobili d'epoca e foto di antiche tribù mediorientali. Che ha dentro il respiro dei secoli. Nella Siliato scorre sangue genovese, siciliano, svizzero-tedesco. Laurea a Friburgo in archeologia paleocristiana ed ellenistica del vicino Oriente. Universalmente nota per le sue ricerche sulle civiltà mediterranee, bizantina - franco - veneziana dell'isola di Cipro e della battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Sulla Sindone di Torino ha elaborato un approccio multidisciplinare scientificamente obiettivo che le è valsa la partecipazione al «Shroud of Turin Research Project», incaricato di indagare sulla celebre reliquia.


«Sarà un'occasione quanto mai propizia per contemplare quel misterioso volto, che silenziosamente parla al cuore degli uomini, invitandoli a riconoscervi il volto di Dio». Con queste parole, il 2 giugno scorso, Papa Benedetto XVI, davanti a settemila torinesi in visibilio raccolti nell'Aula Nervi in Vaticano, ha accolto la richiesta dell'arcivescovo della città piemontese, il cardinale Severino Poletto, di consentire nella primavera del 2010 ad una nuova solenne «Ostensione della Sindone». La macchina organizzativa si è messa in moto (già stanziati da Regione, Provincia e Comune di Torino dieci milioni di euro), ma è facile immaginare che si è rimesso in moto l'ingranaggio delle polemiche. Fra storici ed archeologi, scienziati e teologi, semplici fedeli e chimici. La Sindone è solo un simbolo o è la rappresentazione più crudele e drammatica dell'«uomo dei dolori» descritto nei Vangeli? Si sa che gli esami al carbonio 14 effettuati nel 1988 giunsero alla conclusione che si trattava di un reperto medievale tessuto fra il 1260 e il 1390. Da allora, però, molti scienziati hanno voluto mettere in discussione la «radiodatazione» ed ora propongono nuovi esperimenti che, fra l'altro, potrebbe essere più agevole realizzare nel corso di una ostensione. Fra gli studiosi critici si pone la Siliato. Seguirla è un'avventura da lasciare senza fiato.


Professoressa, come definirebbe scientificamente la Sindone?
«Un telo di lino, egiziano, coltivato a Boutos nella valle del Nilo, tessuto su un telaio verticale del tipo e delle misure usate dagli ebrei di Palestina per usi rituali e sepoltura».
Lei ha già scritto di questo in un volume: «Sindone», per i tipi della Piemme, che è un autentico long-seller. Quasi una Bibbia su tale argomento. L'impronta che noi vediamo sulla reliquia di che tipo è?
«È sangue umano intero. Escludiamo che sia dipinta. Nessun colorante vegetale, animale o chimico può aver lasciato un'impronta del genere».
Non è neppure stampata con un metallo caldo, una striatura. Pensiamo al ferro da stiro. Non può essere stata prodotta dalle «radiazioni di una resurrezione»?
«Lei corre troppo. Uno scienziato non può mai arrivare a questo, lo può pensare, ma non lo può scientificamente sostenere. Il vero miracolo è come possa essere giunta sino a noi dalle viscere della storia. Diciamo, rimanendo al telo, che siamo di fronte ad una corrosione delle fibrille di lino più superficiali. Una ossidazione, una decomposizione accelerata, una rottura della catena del carbonio della cellulosa. Dunque, l'impronta è, sia sopra che sotto, quella di un cadavere di un uomo che aveva sofferto un'agonia tremenda. Il contatto del lenzuolo col corpo è stato breve. Secondo i racconti evangelici di tre giorni circa. L'aloe e la mirra, gli aromi che venivano posti sopra il lenzuolo che avvolgeva il corpo, hanno fatto da spugna e favorito l'impronta. La Sindone è tessuta come le giacche a spina di pesce, come tanti frammenti di lino egiziani, custoditi nel museo Egizio di Torino».


E perché contesta la datazione al carbonio 14 del 1988?
«Guardi, hanno preso per campione un pezzo della Sindone affidando l'operazione a persone poco esperte. L'oggetto fu mutilato di 12 centimetri. Tre laboratori serissimi, Tucson in Arizona, Zurigo e Oxford, giunsero alla conclusione che quel campione apparteneva al XIII o al XIV secolo».
E dove sta l'errore?
«Non nei laboratori. L'errore sta a Torino. Tutto fu filmato. Il gruppo americano aveva fatto analisi merceologiche sul tessuto: spessore, peso, consistenza. Il peso medio della Sindone per centimetro quadrato è di 23/25 milligrammi. Il tessuto del prelievo è di 43/47 milligrammi».
Il che vuol dire?
«Che non era stato prelevato tessuto sindonico, bensì uno dei tanti rammendi storici, avvenuti in secoli diversi. È bastato fare la media del peso dei fili più recenti per arrivare alla datazione medievale. Non dimentichiamo che la Sindone girò tutto il Mediterraneo, è stata baciata e deposta sui malati. Ha subito un'infinità di contaminazioni. Ho conosciuto John Heller del New England Institute. Prese dei piccolissimi frammenti della dimensione di 48 micron ed esclamò: "È sangue umano. È il sangue uscito da un corpo vivente, coagulato sulla pelle e decalcato sul lino. Tutto meno il sangue delle ferite del torace, che è sangue di cadavere, e perciò senza coagulazione". Sulla Sindone, poi, abbiamo trovato il polline della "Gundelia Tournefortii", una pianta che si trova vicino al Mar Morto. Chi può aver portato il polline di questa pianta sulla Sindone in Europa se la si considera un reperto medievale?»


Quanto era alto l'uomo della Sindone?
«La parte dorsale dell'impronta è lunga 182 centimetri, quella frontale di 178 centimetri. Possiamo supporre che l'uomo della Sindone, o Gesù, fosse alto 180 centimetri».
C'è anche un dossier voluminosissimo sulle analisi medico-legali delle ferite.
«Sì, le analisi parte furono fatte a Torino, parte a Los Angeles. Si vedono, alla luce ultravioletta, le ferite della flagellazione. Sulla fronte del condannato c'è un ricciolo di sangue. Il volto, il torace, la corona di spine, le ferite della schiena a seguito della flagellazione. I piedi con colate di sangue laterali inchiodati tutti e due con un solo chiodo; la lacerazione nei polsi. Dal sangue sulle braccia si evince che quel corpo si è mosso sulla croce. Si nota nettamente la terribile ferita nel costato».
È una descrizione impressionante. Eppure un recente filmato della BBC ha riproposto la solita tesi. Con qualche raffinata perfidia in più.
«È un filmato sgangherato. Dietro la ricostruzione sembra quasi di avvertire un disegno che cerca di sparigliare le carte a disposizione della scienza. La materia è talmente complessa che è facile imbrogliare. Il pre-giudizio è un male duro da estirpare. Se invece di questo oggetto, avessimo trovato la toga di Giulio Cesare, nessuno avrebbe fiatato. Siccome è Gesù...»
Perché non sottoporre la Sindone a nuovi esami?
«È l'oggetto archeologico più studiato nella storia. Non c'è bisogno di altri esami. C'è già tutto quello che si voleva sapere. Bisogna riprendere in mano le analisi ed esaminarle con rigore e onestà intellettuale».


Ma molti sostengono che c'è un buco nero nei documenti storici. Prima del Medioevo non se ne sapeva niente.
«Davvero? Se lei osserva le icone bizantine, sinaitiche, siriane, russe, bosniache, di tutto il Mediterraneo, noterà che esse ci ridanno, come in uno specchio riflettente, quel volto sindonico. È riprodotto in tutte le Chiese orientali, il che significa che le Chiese d'Oriente hanno visto la Sindone, mentre in Occidente l'icona più ripetuta è quella del "Buon Pastore". Questo telo è il simbolo di una unità storica, culturale, emozionale, artistica di tutto il bacino del Mediterraneo».
Nel 2010 l'ostensione sarà a Torino. Ma l'idea, professoressa Siliato, non mi pare che le suoni bene.
«Non è esatto. La Sindone da Umberto di Savoia è stata lasciata alla Santa Sede. Custode per il Papa è l'arcivescovo della città. Non metto in discussione questo lascito...»
Tuttavia...
«Coltivo un sogno: che l'ostensione della Sindone possa avvenire a Roma, magari per un periodo determinato. Sarebbe un formidabile segno, un ponte gettato verso le Chiese orientali, l'invito a ritrovare, attorno alla figura di quel condannato, quell'unità che da mille anni abbiamo perso. Quella pallida impronta di un viso di emozionante bellezza emerge da un antico, fragile telo, come l'impronta di una foglia di un erbario. A quella pallida impronta sarebbe impossibile sottrarsi, essa richiamerebbe non solo pellegrini ma quell'incredibile mosaico di raffigurazioni del Volto di Cristo che al telo sindonico direttamente si rifanno».


Senta, lei può affermare con certezza che siamo di fronte ad una reliquia autentica, ad un lenzuolo di 2000 anni fa?
«Assolutamente. È l'unico testimone al mondo di come veniva effettuata una crocifissione romana. È un unicum. L'evidenza gelida e ininfluenzabile degli strumenti ci rivela l'impronta di un viso e di un corpo, e le macchie di sangue del martirio. Identico a quello descritto nei Vangeli».

martedì 15 luglio 2008

Cina: attenti, diventano sempre più autoritari


Bao Tong, 75 anni, è stato braccio destro del segretario generale del Partito comunista cinese Zhao Ziyang. Come lui, nell'89, si è schierato contro la repressione a piazza Tiananmen. Per questo fu condannato a sette anni di prigione. Dal '97 è agli arresti domiciliari
di Bao Tong
In cosa differiscono le Olimpiadi 2008 di Pechino dalle edizioni che le hanno precedute in altri Paesi? Nel fatto che nessun altro governo è stato tanto bramoso di usare i Giochi per accrescere la sua legittimazione sulla scena internazionale. Il successo delle Olimpiadi sancirà l'aumento del prestigio nazionale, ma servirà solo a rendere più forte l’autoritarismo. Questo genera una certa «ironia»: i Giochi saranno un evento che simboleggia la pace internazionale, ma che allo stesso tempo incentiva un crescente nazionalismo. Oggi il governo continua a chiedere sacrifici alla maggioranza della sua popolazione, ma non più in cambio della futura società comunista. Il nuovo obiettivo è il nazionalismo e il prestigio sullo scacchiere internazionale.Il problema è che questo desiderio è essenzialmente un'aspirazione delle élite. Al contrario, la maggioranza della gente, specialmente nelle campagne, è ancora schiacciata da povertà, malattie e insicurezza economica. La gloria cinese trasmessa in mondovisione non rispecchia la miseria di milioni di contadini che non vedono progressi per il loro futuro.Finora quello a cui abbiamo assistito sono gli stipendi da fame pagati ai lavoratori migranti dei cantieri olimpici e le continue requisizioni di terre per le nuove costruzioni, compiute senza versare adeguati risarcimenti agli espropriati. Questi non sono né i primi, né gli ultimi esempi di come il governo faccia pagare ai più miserabili la sua operazione di cosmesi.Ogni fortuna generata dall'imminente galà internazionale finirà solo nelle mani delle élite urbane cinesi, le più ricche di sempre. Quando i nuovi scintillanti edifici e i cieli (temporaneamente) limpidi di Pechino verranno mostrati al mondo durante i Giochi, non dimentichiamoci che sono stati costruiti su una piramide di sacrifici, compiuti da persone che non potranno neppure assistere all'evento.Purtroppo, c’è poca speranza che i Giochi di Pechino spingano la Cina verso il modello di società aperta. La sua modernità, in mostra ad agosto, è in diretto contrasto con i metodi antiquati di governare del Partito comunista cinese. Per mantenere la sua versione di verità sempre più distorta, il governo ha dovuto utilizzare la censura e la sistematica introduzione della «perdita della memoria collettiva». L’entusiasmo di milioni di telespettatori cinesi, attratti dai Giochi, cancellerà l’oscuro ricordo della repressione di piazza Tienanmen? Nessuno ne ha certezza, ma il governo cinese pensa apparentemente di poter raggiungere questo obiettivo di «amnesia collettiva». Questo spiega perché l'esecutivo si è fissato con le Olimpiadi 2008. Utilizzare i Giochi come strumento di propaganda può servire al governo a migliorare la propria immagine solo sul breve periodo, ma aiuterà molto poco a risolvere i reali problemi sul lungo periodo.Dopo 50 anni di una politica caratterizzata da grandi inversioni di marcia, il Partito comunista cinese non ha fornito nessun tipo di uguaglianza, né adeguati programmi sociali su educazione, sanità pubblica e stabilità economica. Infinite promesse alla popolazione rurale sono state fatte e dimenticate, e il suo duro lavoro, alla fine, è stato dirottato nella costruzione di industrie e moderne città. I fondi governativi sono serviti a edificare complessi sportivi all'avanguardia, teatri dell'Opera, firewall di Internet, ma non a costruire strade nei villaggi più poveri o ad evitare le forti disparità sociali. Soprattutto, non ci sono stati progressi nelle libertà civili, unico modo di affrontare in maniera aperta ed equilibrata la questione delle ingiustizie.
A Deng Xiaoping è stato attribuito il credito dello smantellamento delle politiche di Mao, ma è anche sua l'intrinseca e ingiusta idea di permettere alle élite di prosperare attraverso l'espansione economica. Da allora, il suo «principio di ingiustizia» è stato affermato in maniera vigilata. Il risultato è che il governo cinese fa sempre più affidamento a poteri coercitivi per tenere a bada il malcontento e allo stesso tempo aumenta la sua dipendenza a tattici rattoppi cosmetici. Come ospitare le Olimpiadi.

domenica 13 luglio 2008

L'angelo dei martiri della Siberia: "Così ho vinto i Paesi comunisti"


Milano, case popolari di via Amadeo fatte costruire da Benito Mussolini, fra Città Studi e Ortica, dove Luchino Visconti girò Rocco e i suoi fratelli. Qualcuno bussa alla porta. Fausto Fugazza si alza e va ad aprire. «Oh, Franca, sei tu!». Sono nati e cresciuti qui, porta a porta. Franca, ipovedente, ha 77 anni; Fausto 68. Durante la seconda guerra mondiale, Franca gli dava da mangiare col biberon, «un tiro di latte a lui e due tiri a me», confessa, «perché già eravamo tutti affamati in tempo di pace, figurarsi sotto le bombe».Da allora, Franca continua a fare quello che ha sempre fatto. Solo che al latte adesso ha aggiunto il caffè. «Ecco qua», deposita sulla tavola una bracciata di pacchetti Moka club da 250 grammi. «Scusami, stavolta sono soltanto 21, invece di 30. Ma, sai, è aumentato parecchio». Venti confezioni le ha pagate, una gliel’hanno regalata. Fanno 34 euro, quasi il 6 per cento della sua pensione, che è di 619 euro al mese.Fausto ringrazia commosso l’amica. Ma non ci farà il caffellatte per sé. «Con uno di questi», spiega, «in Moldavia paghi il medico che ti ottura un dente». Fugazza incarna la miglior dote degli italiani: la generosità. Da un quarto di secolo guida una stupefacente macchina di aiuti umanitari: poveri che aiutano altri poveri. È il suo modo di rimediare agli infiniti guasti prodotti dal comunismo. Perché questo milanese porta soccorsi soltanto lì, nell’Est europeo. E lo fa in splendida solitudine, senza insegne, senza Onlus, senza carta intestata, senza 5 per mille, senza sito Internet; non ha né sedi né telefoni, neppure l’ombra di una citazione su Google, insomma nulla di ciò che spesso contribuisce a trasformare le ragioni del cuore in burocrazia associativa e talvolta in mestiere.Ha cominciato quando ancora c’era la cortina di ferro. Russia, Ungheria, Cecoslovacchia, Ucraina, Lituania, Bulgaria, Romania, Jugoslavia, Kosovo e oggi la Moldavia: non c’è Paese dove non si sia infiltrato, mettendo a repentaglio la propria incolumità personale, per portare denaro e, dopo il crollo del regime sovietico, Tir stracolmi di cibo, vestiti, scarpe. Per anni è partito da solo, in treno, in aereo, in auto, col visto turistico. «Il rischio più grosso era alle frontiere, quando mi chiedevano se avessi qualcosa da dichiarare. E io regolarmente rispondevo: nulla. Invece ero imbottito di dollari. Più volte mi hanno sottoposto a ispezione corporale. Mai trovati». Non voleva dirmi dove li nascondesse e per un attimo ho temuto che usasse l’espediente dei trafficanti di droga che si riempiono la pancia con ovuli di cocaina. «Ma no, che cosa va a pensare! Semplicemente li davo in mano agli stessi poliziotti». Cioè? «Consegnavo a loro la giacca, con una copia stropicciata del Corriere della Sera in bella vista nella tasca. Mica stavano lì ad aprire il giornale. L’avessero fatto, sarebbero caduti a terra centinaia di bigliettoni verdi».La specialità di Fugazza era quella di avvicinare i dissidenti appena tornati dalla Siberia o usciti dalle prigioni nei Paesi del Patto di Varsavia. «Poi con l’avvento di Mikhail Gorbaciov ho perso il mio lavoro», quasi si lamenta, perché quello di manutentore di fotocopiatori e ciclostili l’ha sempre considerato un secondo lavoro. «Cinque-sei volte l’anno lasciavo i miei tre dipendenti e partivo». Non appena ha potuto, li ha lasciati per sempre.
Attualmente Fugazza vive otto mesi l’anno a Chisinau, capitale della Moldavia, la repubblica incastonata fra Romania e Ucraina che si proclamò indipendente al dissolvimento dell’Urss, nel 1991. A dargli una mano c’è solo una segretaria, Diamantina Cojocaru, 37 anni, due figlie. Lei e sua madre, medico, erano senza casa, ne occuparono una e il benefattore ha dato loro i soldi per far causa allo Stato. «Alla fine sono riuscite a ottenere un appartamentino privo di acqua e di elettricità in un casermone popolare. Da allora lavorano per me, passo a entrambe un piccolo stipendio. Sono felici quando torno in Italia: in quei quattro mesi si trasferiscono a vivere a casa mia, che almeno ha il riscaldamento, l’acqua corrente e il televisore».Come le è venuto in mente di coltivare quest’hobby?«Lessi un libro sulle deportazioni dei cattolici in Siberia scritto da monsignor Cristoforo Campana, per lungo tempo parroco della cattedrale di Urbania, nelle Marche. Su indicazione di Pio XII, nel 1952 questo prete aveva fondato il Movimento rinascita Oriente cristiano, che assisteva la gente dell’Est perseguitata per motivi religiosi. Gli telefonai e andai a trovarlo. Mi conquistò. Alla sua morte ho continuato da solo».È un hobby che richiede coraggio.«Vado con la fiducia in Dio, pensando che sia questo che Lui vuole da me. Finora sono sempre tornato».Poteva finire in Siberia anche lei.«La Siberia non era il posto peggiore. I lager della Romania ai tempi della dittatura di Nicolae ed Elena Ceausescu erano molto, ma molto, più duri dei gulag».L’economista Giancarlo Elia Valori, che era spesso ospite dei Ceausescu, mi ha detto che le loro tombe sono sempre coperte di fiori.«Questo non lo so, ma è possibile, perché il regime ha lasciato orfani molti criminali. Quello che so, per averlo conosciuto di persona, è che un sacerdote cattolico di rito greco-ortodosso, rinchiuso per 24 anni nel mattatoio di Adjud, veniva costretto a chinarsi per terra, raccogliere con le mani gli escrementi, baciarli come se fossero una particola e poi consacrarli col segno di croce, in una ripugnante parodia della messa. E se si rifiutava di farlo, lo torturavano».Si stenta persino a crederlo.«Lo so. Nel 1990 alloggiavo in un albergo di Bucarest, oggi demolito. Nella hall vidi un giovane colonnello dell’esercito che barcollava. Gli chiesi se si sentisse male. “Oh no”, rispose, “è solo che ho un problema ai piedi”. E mi raccontò che la Securitate, la polizia segreta di Ceausescu, gli aveva strappato con le tenaglie tutte le 20 unghie dei piedi e delle mani».Per quale motivo?«Il suo incarico, durante la dittatura, era di girare in incognito nei Paesi occidentali per rintracciare i fuoriusciti rumeni rifugiati all’estero. Una volta individuati, faceva intervenire i sicari da Bucarest, che venivano ad ammazzarli. Mi confessò d’aver fatto uccidere molti suoi connazionali, in Francia, in Germania, anche in Italia, a Milano e a Roma. Il giorno che non se la sentì più di eseguire il suo sporco lavoro, fu ridotto in quello stato».Come mai è andato proprio in Moldavia?«Me lo suggerì un panettiere di Bucarest. Dieci anni fa mi disse: “Vada a Chisinau, là muoiono di fame”. Arrivato alla frontiera, mi accorsi che i primi a morire di fame erano i poliziotti. Nella capitale mi imbattei nella tragedia di una giovane donna, madre di due bimbi piccoli, che era stata portata all’ospedale per un’appendicite. “Ha i soldi per pagare l’operazione?”, le aveva chiesto il medico. Alla risposta negativa, le disse: “Torni a casa. Vedrà che starà presto bene”. Infatti ora sta benissimo: è sotto terra. In Moldavia per essere curati bisogna pagare una polizza di 1.000 lei l’anno pro capite, pari a 67 euro, che in caso d’emergenza copre tre giorni di ricovero ospedaliero e un piccolo intervento, quindi niente chirurgia toracica, cardiopolmonare o vascolare. Ma 1.000 lei equivalgono a uno stipendio mensile e mezzo. Finora sono riuscito a far operare una trentina di bisognosi. Le operazioni al cuore costano 3.500 euro l’una perciò devo crudelmente limitarle ai bambini e ai giovani, che hanno più aspettativa di vita. Agli anziani posso garantire solo gli interventi di cataratta, che si fanno con 30 euro».
E dove trova i soldi?«Me li dà la gente semplice. Qui a Milano mi aiutano le parrocchie della Barona, dei Santi Nereo e Achilleo e del Suffragio. Posso contare su gruppi di volontariato a Brescia, Vicenza, Ortisei, Bolzano. Non ho mai cercato il sostegno delle banche. Chiedono troppe carte e c’impiegano un sacco di tempo a erogarti un sussidio, mentre io quello che ho da fare oggi avrei già dovuto farlo ieri».Quanto denaro distribuisce?«Nel 2007 circa 50.000 euro, che laggiù corrispondono a una fortuna. Spesso io e Diamantina andiamo a visitare le località più povere, senza farci riconoscere. Ci presentiamo soltanto al sindaco e gli chiediamo di portarci nella case dove vivono i più miserabili e gli ammalati. E a quel punto aiutiamo direttamente la famiglia. La povertà non ci sfugge. Niente intermediari. In un decennio avrò soccorso circa 15.000 persone con questo sistema. A volte l’aiuto più grande è dar loro i soldi per procurarsi i documenti d’identità. Molti non percepiscono gli assegni familiari perché non hanno neppure i quattrini per farseli rilasciare».Come vivono i moldavi?«In provincia mangiano solo quello che coltivano: verze, rapanelli, carote. Le patate sono quasi tutte attaccate dal marciume secco. Lo zama, il minestrone, è diventato il piatto nazionale obbligatorio. Polli e conigli sono un lusso. A Chisinau si può far la spesa nei Green hills market, aperti da un italiano di Reggio Emilia, dove però fatichi a trovare persino l’insalata».Che cosa c’era di sbagliato nel comunismo?«Il voler programmare tutto, annientando qualsiasi forma di iniziativa privata. Dalla culla alla bara, provvedeva lo Stato. Vietato discutere. Io credo che il comunismo abbia attecchito all’Est proprio perché ha trovato popolazioni dolci, gentili, sottomesse. Schiacciarle col pugno di ferro è stato un gioco da ragazzi».Oggi va meglio?«Ho fatto parte per due anni di una commissione governativa sugli aiuti umanitari presieduta dal vicepremier Valerian Cristea. Si riuniva ogni giovedì pomeriggio. Un bel giorno cominciamo a indagare su 20 milioni di dollari arrivati dagli Stati Uniti e su tonnellate di riso spedite dalla Cina e dal Giappone. Tutto sparito. Dove sono finiti? Convochiamo il sindaco di una municipalità. E costui, come se nulla fosse, risponde: “I dollari e il riso ce li siamo tenuti io e i nove consiglieri”. È ancora al suo posto. Con 20 milioni di dollari si poteva sfamare tutta la Moldavia. Mi sono dimesso».Stanno da cani, però il Partito dei comunisti della Repubblica di Moldavia è ancora al governo col 46% dei voti.«Un bel mistero. Se ne meravigliano tutti. Lei gira per la Moldavia e non trova nessuno che l’abbia votato».Che se ne farà di un ministro dello Sviluppo informatico una nazione che ha 100 computer ogni 1.000 abitanti, quando persino la Mongolia ne ha 164 e il Sudan 102?«Me lo chiedo anch’io, tanto più che l’accesso a Internet avviene solo attraverso provider di Stato, quindi di fatto c’è la censura».Quant’è diffusa la corruzione?«Domanda troppo ovvia. Non esiste una corruzione limitata. Per un allacciamento dell’acqua o del gas devi pagare l’ingegnere e il sottoingegnere, l’idraulico e il sottoidraulico, il manovale e il sottomanovale. Persino le bollette ufficiali sono moltiplicate per quattro. Io sfrondo, verso quello che ritengo giusto e nessuno fa una piega».
Le moldave che arrivano in Italia o fanno le badanti o fanno le prostitute. Possibile che non trovino altri impieghi?«C’è molta prostituzione anche là. Dipende dalla bassissima scolarità. Anche se, per ottenere una laurea, basta consegnare una bustarella ai professori e organizzare un pranzo per la commissione. Il giorno dell’esame i docenti controllano sul bloc-notes chi ha pagato e chi no e promuovono di conseguenza».Con 4,3 milioni di abitanti la Moldavia è uno dei Paesi d’Europa a maggiore densità di popolazione, 10,88 nascite ogni mille abitanti contro le 8,54 dell’Italia. Sono poveri e fanno tanti figli, noi siamo ricchi e ne facciamo sempre meno. Come lo spiega?«I figli li concepiscono per svago. I padri non riconoscono la prole per non averla sul gobbo. Le madri rifiutano il matrimonio civile perché la donna non sposata ha diritto a mandare i figli negli internati fino ai 18 anni. Quanto alle nozze religiose, la Chiesa ortodossa ammette fino a tre divorzi. Ma, se sganci qualcosa al pope, puoi arrivare a sei».Lei che è stato a lungo anche in Romania, come risolverebbe il problema dei rom?«I rom si comportano male anche là, non soltanto in Italia. Sono selvaggi. Però hanno un loro governo, formato da capiclan zingari che vivono in case di lusso e si compiacciono di pagarti il biglietto del parcheggio quando vedono la tua auto con targa italiana in una piazza di Bucarest. Il nostro governo dovrebbe interpellare questi capiclan e metterli alle strette. Sono loro che comandano, all’Est come all’Ovest».Che cosa pensa dell’immigrazione clandestina in Italia?«Deve entrare solo chi può essere ammesso a frequentare una scuola professionale dove s’insegna un mestiere. Non ne conosco uno, di quelli tornati a Chisinau, che non abbia imparato a fare il piastrellista a Vicenza o l’elettricista a Brescia. Alle nostre frontiere la domanda di rito dovrebbe essere: “Che diploma ha?”».Non ha mai l’impressione di portare gocce d’acqua all’oceano?«Sempre. Ma quando penso che c’è gente che percorre chilometri nella neve con le scarpe prive di suole per arrivare fino al camion degli aiuti... Mi baciano le mani: “Nessuno ci aveva mai regalato nulla”. Una volta una mamma ortodossa mi ha detto: “Siccome tu mi hai dato da mangiare, ora con i tuoi soldi andrò dal pope e comprerò una candela perché anche lui preghi per te”. Sono più generosi loro di me. Poi ogni tanto mi capita anche di vedere gli effetti dell’aridità seminata dal comunismo. Una ragazza s’era rovesciata addosso una pentola d’acqua bollente. Per curarle le ustioni servivano 300 dollari. Il padre contadino ne guadagnava 100 in un anno. In ospedale sono andati per le spicce: “O qualcuno paga o muore”. Ho pagato. (Si commuove). Quando è guarita, il medico le ha detto: “Guarda che se non c’era l’italiano saresti morta”. Lei ha risposto: “Non è vero”. Non credeva che fosse possibile. Non credono più a niente. Per loro è impensabile che possa esistere la bontà».(417. Continua)stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

martedì 8 luglio 2008

Portale Esperanto

http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Esperanto

domenica 6 luglio 2008

Il rovescio delle medaglie. La Cina e le Olimpiadi, di BERNARDO CERVELLERA,


Il rovescio delle medaglie si rivela un’ottima guida per conoscere la realtà della Cina e per aiutare il popolo cinese.

Sotto i buoni auspici del numero 8, che in Cina è il numero fortunato, le Olimpiadi di Pechino saranno inaugurate l’8 Agosto 2008 alle 8 di sera, andando a coprire una serie di violenze e oppressioni avvenute durante la loro preparazione. Per la Cina e per il suo regime le Olimpiadi saranno una specie di grande vetrina pubblicitaria per abbagliare la comunità internazionale, per mostrare a tutto il mondo che il “Regno di mezzo” è ormai un Paese moderno, una superpotenza economica e atletica.

Ma ogni grande vetrina ha il suo retrobottega e anche le Olimpiadi di Pechino hanno i loro lati oscuri, tant’è che la popolazione di Pechino definisce le Olimpiadi «un vero disastro nazionale».

Il libro di padre Bernardo Cervellera – Direttore di AsiaNews, l’Agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) – mostra lo sfruttamento dei bambini per preparare le mascotte olimpiche; le distruzioni e i sequestri di case per creare stupefacenti impianti sportivi; l’imbavagliamento dei giornalisti (in vista delle Olimpiadi alla stampa locale è stato distribuito un decalogo di tematiche che non dovranno essere assolutamente trattate e non tutto il Paese sarà aperto a giornalisti stranieri e turisti), degli attivisti democratici, delle personalità religiose, per far “riuscire” il grande evento del 2008.

«Chi cerca di opporsi agli espropri – rivela Cervellera – difendendo i contadini o le persone meno abbienti, sostenendone le cause legali per ottenere giusti risarcimenti, o chi si oppone agli aborti forzati, o chi difende gli operai sfruttati viene arrestato e punito con anni di prigione», come «succede ad alcuni Vescovi cattolici».

Il tutto mentre l’Occidente, dimentico, plaude allo spettacolo, contribuendo a calare il velo di silenzi sulla repressione in Tibet e su vari episodi vergognosi, come il recente boicottaggio dei pellegrinaggi mariani in occasione della Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina istituita da Benedetto XVI.

giovedì 3 luglio 2008

KOCKIA = DICHIARAZIONE DI GUERRA


Dovremmo porgere questo fiore a tutti coloro che in questi giorni si affannano a voler distruggere il frutto del nostro voto.
Guerra vogliono e guerra sia, se possibile incruenta, ma ferma e decisa.

mercoledì 2 luglio 2008

ANCORA FOGLI SPARSI (per distrazione)

Mio Dio, non avevo guardato sotto il bancone ed ho ritrovato anche questa mezza paginetta un po' sgualcita. Ora abbiamo anche la data.

Cuore ed affari ? Come possibile ?!
Scriveva J.M. KEYNES, quasi settant’anni fa:

“.....Quando l’accumulazione della ricchezza non avrà più grande importanza sociale, avverranno grandi cambiamenti nel codice morale. L’amore del denaro come possesso, distinto dall’amore del denaro come mezzo per godere delle realtà della vita, verrà riconosciuto per quello che è : una morbosità alquanto disgustosa, di quelle tendenze semicriminali e semipatologiche che si affidano con raccapriccio agli specialisti nella cura delle malattie mentali.........”

Aggiunge Paul SAMUELSON, noto economista :

“......Nel concludere possiamo dire che, come Martin Luther KING, anche noi abbiamo un sogno: il sogno che la notevole efficienza dei mercati possa essere sfruttata per gli scopi della Società Umana. Si, il cuore ha ragioni che la ragione non conoscerà mai. Ma l’economia, in bilico fra un’arte ed una scienza, potrà meglio assolvere alla propria funzione combinando le ragioni che scaturiscono dai dati con gli scopi che scaturiscono dal cuore......”

Il cuore dunque quale frizione al motore dell’economia nel duemila.

D’altra parte non dobbiamo forse al cuore delle magliaie carpigiane l’inizio del miracolo economico di Carpi, nell’immediato dopoguerra?

Ed ancora, quante volte fra atleti di pari valore ha vinto colui che ha aggiunto il cuore nella competizione?

Il cuore, infine, affinchè la Chiesa, nella persona dell’ Arcivescovo di Bologna, Card. Giacomo BIFFI non abbia più a dover descrivere gli emiliani come...”ricchi fuori e morti dentro”.

Un cuore d’impresa.

Carpi,12/11/94

Sauro Mazzola

FOGLI SPARSI

Ho trovato questo foglio ingiallito dal tempo in un tomo da rilegare, mi è parso importante e l'ho conservato. Se chi l'ha scritto lo vorrà indietro, glielo restituirò, ma ne resterà traccia su di uno scaffale di questa legatoria.

LE RAGIONI DEL CUORE
di Sauro Mazzola

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Recita un detto che “ dietro ogni colossale fortuna si nasconde il crimine.....”

Più che una massima, suffragata da abbondante letteratura, a me appare un luogo comune, pur con un fondo di verità; l’escalation economica, ancor quando inventata dal nulla, ha comportato grossi sacrifici, rinunce, scelte ed abiure di ordine morale. Il tributo da versare al successo economico e di potere. Sull’altare di questo idolo, pagano, vi è dunque chi ha sacrificato tutto, chi poco e chi nulla,conseguendo, più o meno, lo stesso risultato: la ricchezza in denaro. Ma che certa ricchezza, fine a se stessa e conseguita in danno del prossimo, non paghi o quantomeno richieda un prezzo impagabile, è ampiamente dimostrato e non solo dalla Chiesa. Numerosi gli esempi dei pentiti,dei ravveduti tesi al ‘riacquisto’, in modo più o meno sincero, della perduta morale, elemento di desiderio irrinunciabile specie per chi ha raggiunto apici socio-economici.

Alla soglia del nuovo millennio è in atto un grosso cambiamento dello stile di vita,dei costumi,della cultura capitalistica e dello stesso modo di produrre ricchezza. Molti segnali vanno in questa direzione: uno dei più salienti, presagio di bilancio di verifica culturale dell’economia occidentale, sono le conseguenze della caduta della ‘cortina di ferro’: improvvisa, troppo veloce, irreversibile, ha aperto le porte ai “nuovi ricchi”, alle economie derivate dal nulla,ad un capitalismo sconosciuto e brutale che trova facile presa nella sopraffazione dei più deboli, degli ingenui e degli onesti. Nessuno di questi..”imprenditori” rinuncerà alla possibilità di arricchire ,con ogni mezzo; il più veloce e meno impegnativo è quello criminale e dunque si spiega il fenomeno della presa di potere,i quei Paesi,da parte di cosche mafiose sicure, arroganti e spietate che le stesse istituzioni spesso devono subire e talvolta...conviverci!

Molti altri sono poi i Paesi poveri del mondo che si accingono ad approdare, carichi di speranza,in quello che credono il ‘paradiso occidentale’ le cui staffette sono rappresentate dagli immigrati presenti in ogni nostra città; ove non risulterà possibile l’inserimento nel mondo del lavoro, anche in modo clandestino, a questa gente non resterà che alimentare il serbatoio della criminalità di ogni livello con l’aggravio di prevedibili fenomeni di fondamentalismi religiosi.

La cultura capitalista europea, ciò che resta del mondo ricco e sviluppato dovrà dunque saper trovare una morale su cui poggiare il proprio sviluppo ed originare un dialogo con queste nuove realtà, arginandone gli esodi verso l’Italia, quando disperati. Bisognerà trovare insomma un senso di generosità imprenditoriale il quale, pur finalizzato al profitto, dovrà aiutare e tener conto delle realtà più povere, anche nei loro Paesi di origine. Di questo parere era Raul GARDINI, romagnolo duro e tenace che, pur nelle sue contraddizioni, ho molto apprezzato: è dalla sua biografia ( A modo mio- Mondadori 1991) che ho tratto queste ultime conclusioni che posso riassumere nella domanda che gli pone il suo biografo, Cesare PERUZZI:





· ” Dottor Gardini, ma Lei come lo immagina il nuovo millennio?”

· .”Me lo immagino fatto di gente generosa. L’egoismo ha chiuso un ciclo , perchè l’egoismo è ignoranza e l’ignoranza è fortunatamente sulla strada della sconfitta.”

Reputo questa di Gardini una forma di testamento spirituale, una visione del vivere che lui stesso sognava ma che non ha voluto, o più probabilmente potuto, praticare e che, coerentemente con il suo stile, ha sacrificato insieme alla sua stessa vita… Ogni tanto lo vado a trovare nel cimitero di Ravenna, una piccola cappella qualche decina di metri a destra dopo l'ingresso principale ,per recitare una preghiera per lui.



Il cuore dunque quale viatico e componente importante dell’impresa, nel prossimo secolo....!

martedì 1 luglio 2008