martedì 17 febbraio 2009

COME SI PUO' VIOLARE LA COSTITUZIONE

Sandro Fontana
Pubblicato il giorno: 17/02/09

«Costituzione sacra» ma Eluana è la prova che l’hanno violata

Non è possibile tacere di fronte a un delitto come quello perpetrato ai danni di una povera e innocente ragazza come Eluana. E ciò, anche per fugare ogni accusa futura di eventuale complicità presso tutti quegli italiani che ancora continuano a credere nel valore non negoziabile della vita. Ha fatto perciò bene il ministro Alfano a dichiarare martedì scorso a Ballarò che Eluana è morta di sentenza anche se avrebbe dovuto aggiungere che s’è trattato d’una vera e propria sentenza di morte. Ed il nostro bravo Presidente della Repubblica, che tanto si prodiga nella difesa della sacralità della Costituzione, non doveva né poteva consentire una sua palese violazione da parte di un ordine dello Stato come la magistratura, la quale, pur non avendo nessuna funzione legislativa né di modifica costituzionale, è tuttavia riuscita di fatto, almeno nel caso della povera Eluana, ad abrogare surrettiziamente l’art. 27 della nostra Carta il quale, come è noto, sostiene solennemente che «non è ammessa la pena di morte». Eppure a Napolitano non dovrebbero essere sfuggite tutte le perplessità che vennero sollevate dall’editorialista del Corriere (7 febb. 2009) Galli Della Loggia e che si riferivano a due precise circostanze.

La prima riguarda la palese contraddizione o addirittura contrapposizione tra le varie sentenze elaborate dalla stessa magistratura se è vero che, tanto nel 2005 da parte del tribunale di Lecco quanto nel 2006 da parte della Corte d’appello di Milano, veniva sentenziato che «la reale volontà della ragazza doveva essere intesa come personale, consapevole e attuale determinazione volitiva, maturata con assoluta cognizione di causa». La seconda circostanza si riferisce al fatto che, in base alla successiva sentenza della Corte di Cassazione, per decidere della vita e della morte della povera Eluana era invece sufficiente tener conto «della sua personalità, del suo stile di vita, delle sue inclinazioni, dei suoi valori di riferimento e delle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche». È in base a questa nuova e contraddittoria sentenza che è stata poi elaborata la sentenza della Corte d’appello di Milano del 2008, secondo la quale la povera Eluana possedeva invece, pur avendo solo 21 anni, una personalità «caratterizzata da un forte senso d’indipendenza, intolleranza delle regole e degli schemi, amante della libertà e della vita dinamica, molto ferma nelle sue convinzioni». Dunque, concludeva amaramente l’inascoltato Galli Della Loggia, si poteva procedere alla sua eliminazione. Ecco perché forse un attimo di riflessione o un sussulto di saggezza avrebbe impedito al nostro beneamato Presidente non solo di sacrificare inutilmente una vita umana, ma anche di assestare un vulnus gravissimo all’art. 27 ed allo spirito della nostra Costituzione. Il fatto è che, secondo l’opinione di un conoscitore profondo della storia del PCI come Ugo Finetti (Libero, 7 febb.), non è possibile passare un’intera vita politica al servizio della doppiezza e del cinismo di Togliatti e poi pensare di diventare all’improvviso un uomo libero, magari per «grazia di Stato». E tutto ciò senza mai aver dimostrato un attimo di ribellione e un sussulto di autonomia: né in occasione delle migliaia di morti causati nel 1956 dall’invasione sovietica a Budapest, né in occasione dell’espulsione dalla Russia del premio Nobel Solzenicyn nonché del suicidio della sua segretaria. Napolitano non si scompose nemmeno quando si suicidò il deputato bresciano Sergio Moroni, né quando, sempre da Presidente della Camera, non seppe opporsi a Scalfaro-Facta il quale, ormai da tempo sotto ricatto del PCI, mirava a sciogliere fin dal 1993 un libero parlamento semplicemente perché ritenuto – ahinoi! – zeppo, non di condannati, ma di semplici indagati.

Ora, poiché, secondo l’art. 89 della Costituzione, «nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti o dal Presidente del Consiglio» e poiché, secondo il successivo art. 90, lo stesso «non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni», non sarebbe del tutto male che anche Berlusconi cominciasse ad osservare non solo lo spirito della nostra Costituzione ma anche la sua lettera, come ha voluto fare Napolitano non firmando il decreto salva-Eluana. Certo, per molti atti del Presidente in carica, come nel caso della nomina dei senatori a vita o dei cinque giudici costituzionali, s’è finora trattato d’una mera formalità. Ma finora non s’era mai verificato che il Capo dello Stato si rifiutasse di firmare un decreto urgente come quello teso non solo a salvare la vita della povera Eluana ma anche a salvaguardare lo spirito autentico della nostra Carta. Non vorremmo infatti che alla fine venisse premiato con un laticlavio al Senato un tipetto come Beppino Englaro. Il quale, da buon laicista ed ateo, pur di vincere la propria guerra privata a favore dell’eutanasia, non ha esitato un attimo ad accompagnare, non già dolcemente ma attraverso atroci sofferenze (come risulta dall’autopsia), la propria creatura verso una quiete eterna.
«Costituzione sacra» ma Eluana è la prova che l’hanno violata

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