giovedì 13 agosto 2009

ORIANA FALLACI



Ecco il paesino dove Oriana vide la Madonna
Oriana Fallaci
Pubblicato il giorno: 13/08/09
FALLACI

A Longiano ora viveva di nuovo coi De Carli che impietositi se l’eran ripresa per tenerla come bambinaia del secondogenito Vincenzo e della settimogenita Olinda. Ci viveva da fervente cattolica e tutto contribuiva a renderla tale. Lo zelo religioso di quella famiglia. La presenza d’un santuario anzi d’un Cristo che portava lo stesso nome dell’ospizio, Santissimo Crocifisso, e che i longianesi veneravano perché nel 1493 una giovenca destinata alla mensa dei frati s’era inginocchiata sulle zampe anteriori dinanzi alla sacra immagine [...]. E, soprattutto, la casa di via Santa Maria 25. I De Carli abitavano infatti accanto alla minuscola chiesa eretta tre secoli addietro per custodire un altro oggetto sensazionale: l’icona della Vergine che nel 1506 aveva versato una dozzina (...)

(...) di lacrime e che per via di ciò chiamavano Madonna delle Lacrime. Questo le consentiva di andare alla Messa ogni giorno [...]. Le piaceva tanto, la Madonna delle Lacrime. Aveva due belle guance paffute, indossava una bella veste cremisi e trapunta di stelle, col braccio destro reggeva un bel bambolotto che probabilmente era il Bambin Gesù, e dal suo volto mesto emanava una dolcezza così intensa che i Salve Regina si concludevano sempre con un sospiro.

«Ah, se mia madre ti assomigliasse!».

[...] L’infelice madre avrebbe fatto meglio a tornare in California e mettersi l’animo in pace. Oppure accontentarsi di vederla e basta. Tanto per vederla e basta non c’era che da recarsi a Longiano e infilarsi nella chiesina attigua alla casa di via Santa Maria 25 [...]. Vi si recò una domenica di fine novembre, zitta zitta e ben attenta a passare inosservata [...]. Vi andò all’ora del Vespro cioè a buio, rassegnata a seguire il consiglio e in preda a una paura mai provata nella sua vita senza paura. Con gambe tremanti varcò la soglia della minuscola chiesa, sedette sulla panca dell’ultima fila. La fila presso la porta. Con pupille inquiete scrutò nella penombra appena rischiarata dai ceri e dalle candele, cercò la figlia della quale ignorava persino il colore dei capelli. E non trovò nessuno. Il parroco non aveva ancora suonato le campane della sera e le panche erano vuote. Era vuoto anche il confessionale, il presbiterio, l’altare sopra il quale spiccavano l’icona d’una mesta Madonna avvolta in un manto cremisi e adorno di stelle [...]. A un certo punto, tuttavia, si rese conto di non essere sola. Frugò di nuovo nel riverbero dei ceri, delle candele, e sì: c’era qualcun altro a trenta metri da lei cioè nella prima panca. Una vecchietta, no, una ragazzetta che in ginocchio e rivolta alla mesta Madonna pregava».

Nel borgo di Romagna dove Oriana vide la Madonna

Caterina Maniaci
Pubblicato il giorno: 13/08/09
L’icona descritta nell’ultimo romanzo

Una Madonna «paffuta» e «malinconica», nella nicchia del presbiterio di una piccola chiesa quasi nascosta nelle viuzze tortuose di Longiano, un paese in provincia di Cesena, annidato nell’Appennino romagnolo. È questa immagine della Madre di Dio che Oriana Fallaci dimostra di aver visitato, più e più volte, quando già pensava al grande romanzo in cui avrebbe raccontato le radici remote della sua famiglia, le numerose storie che, intrecciandosi, hanno formato un grande affresco su cui si è stagliata la sua vicenda personale e di scrittrice.

L’antenata Giacoma

Quel romanzo è diventato il suo ultimo e postumo libro, “Un cappello pieno di ciliege” (Rizzoli) e non a caso in esso si ritrovano citazioni e descrizioni minuziose (sei per l’esattezza) della splendida icona di questa Madonna delle Lacrime - così come è da secoli conosciuta e venerata - nella omonima chiesa.

All’ombra della Vergine si dipana la dolorosa vicenda di Giacoma Ferrieri, una sua antenata, figlia illegittima e depositata di nascosto alla Ruota (il luogo in cui i bambini non desiderati venivano abbandonati). La madre naturale, «bella e bionda», va a cercare, dopo tanti anni e dopo mille peripezie, proprio nella chiesetta di Longiano, quella figlia non voluta, alla luce dei lumini che chiedono le grazie a questa misteriosa e pietosa Madonna che conosce i tanti dolori segreti della gente umile. Fin da quando, in una fredda sera del 2 marzo 1506, questa immagine lacrimò nella casa di Sebastiano Barberi. Si gridò al miracolo e il Barberi non esitò a concedere la propria casa con l’icona perché al suo posto fosse costruita una chiesa in onore della Vergine. Citato dalla Fallaci anche il Santuario del Santissimo Crocefisso, altro luogo amato da Giacoma.

La tenerezza con cui la Fallaci tratteggia la Madonna delle Lacrime è una sorta di filo tenue che percorre le molte pagine del romanzo, una fragile testimonianza del sentimento particolare che la grande Oriana ha sempre nutrito verso la religione. Una professione onesta, aperta, di ateismo, fino alle stesse prime frasi del Prologo di “Un cappello pieno di ciliege”, quando ammette che, assillata dall’eterno interrogativo sul perché della propria esistenza, si dichiara consapevole del fatto che «la sua risposta apparteneva all’enigma chiamato Vita, che per fingere di trovarla avrei dovuto ricorrere all’idea di Dio. Espediente mai capito e mai accettato». Posizione chiara, dunque. Ma il sentimento profondo di appartenenza a una cultura intrinsecamente cristiana, anzi cattolica, non l’ha mai abbandonata, e negli ultimi suoi potenti pamphlet ne ha fatto una orgogliosa bandiera.

Il suo orizzonte interiore era popolato dei mille campanili, della moltitudine di chiese, pievi, santuari della sua Toscana e dell’intera Italia, e la sua memoria intessuta dei volti di Madonne e Bambini Gesù, come quella che aveva visto a Longiano e che appunto descrive - con gli occhi della sua ava lontana - con le «due belle guance paffute» e «la bella veste cremisi e trapunta di stelle», mentre «col braccio destro reggeva un bel bambolotto che probabilmente era il Bambin Gesù, e dal suo volto mesto emanava una dolcezza così intensa».

L’intero paese di Longiano, d’altronde, si è conquistato un posto di rilievo nella vasta geografia “dell’anima” della scrittrice. Ed è un paese delle meraviglie, perché, nel suo cerchio ristretto di case, vie, chiese e giardini, sono successe, e continuano a succedere molte cose. A Longiano fece la sua comparsa anche la Banda del Passatore, il mitico Robin Hood della Romagna, prendendo di mira il palazzo Vicini, il 28 maggio 1850: c’è ancora un foro sul portone, a testimonianza dell’assalto.

Il castello di Byron

In mezzo alle colline, a pochi chilometri dal paese, c’è il castello di Monteleone. Vi si riunivano i carbonari, protorisorgimentali italiani. Il nobile Alessandro Guiccioli voleva introdurre alla carboneria l’amico inglese lord Byron. Il quale, però, era più interessato, oltre che alla poesia, alla moglie del Guiccioli, la contessa Teresa Gamba. I due passeggiavano spesso lungo i vali del parco del castello e pare che il poeta non facesse fatica a convincere la contessa a seguirlo nella torretta solitaria in fondo al parco, dalla quale riemergevano dopo qualche ora.

Su tutto questo, una volta all’anno, si effonde la nostalgica musica degli organetti di strada: a metà settembre si svolge il Festival dell’Antico Organetto. Per due giorni nel borgo una musica antica trasporterà tutti indietro nel tempo, i suonatori saranno per vie e piazze con i loro scatolotti a manovella portati a tracolla, su un carretto o sulla groppa di un mulo. Sarebbe facile, allora, incontrare il fantasma dell’ava Giacoma, su cui Oriana Fallaci aveva fantasticato, all’ombra della chiesa della Madonna delle Lacrime.

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