martedì 23 marzo 2010

A FUTURA MEMORIA


Un articolo a orologeria
Scritto da Marco Cavallotti
martedì 23 marzo 2010

Da sin. Molotov, Stalin, Ezov
Si parla e si straparla di sentenze e di denunce "a orologeria". Questo articolo lo è, senza dubbio. Ma non si lamentino le "vittime" del PD: se avessero saputo ripensare seriamente agli errori ed ai crimini che hanno commesso ed a quelli che hanno consentito di commettere negli ultimi decenni, senza fare una piega e senza minimamente vergognarsi, questo articolo – o meglio, questo promemoria – sarebbe del tutto inutile. Sarebbe una cartuccia a salve. Se spara davvero è tutta colpa loro.

Riportiamo pari pari una lettera del Procuratore sovietico Višinskij: la sua statua troneggiava, fino al 1991, nel bel mezzo della piazza della Lubjanka, sulla quale si affaccia il palazzo del famigerato KGB. Fu uno dei più crudeli e fanatici persecutori del suo popolo, mandò ai Gulag e alla morte centinaia di migliaia di persone, collaborò con un ruolo di primo piano – quello della pubblica accusa – alla persecuzione e allo sterminio di intere categorie di cittadini invisi al regime staliniano.

La lettera che riportiamo, a firma di questo gentiluomo, è indirizzata ad un altro famoso carnefice e coprotagonista del Grande Terrore del 1937-38, Nikolaj Ežov, responsabile del Commissariato del popolo per gli affari interni (Nkvd). Essa riporta un lungo brano di una missiva del Procuratore del Bamlag (il Campo di lavoro correttivo della regione Baikal-Amur), che denuncia orrori e misfatti. Visti mittente e destinatario, nasce il dubbio che la missiva fosse stata concepita, più che per deplorare le condizioni di vita (?) nei Gulag, per denunciare lo "spreco" di manodopera gratuita, sfruttabile per i lavori più gravosi e più folli, come si usava fare in quegli anni, in cui una percentuale rilevante della produzione sovietica era dovuto ai lavori forzati dei prigionieri. Insomma, più che una denuncia – da parte di un personaggio che nei Gulag aveva mandato centinaia di migliaia di persone ben conoscendo la loro fine – la lettera appare come un regolamento di conti tra carnefici. Come è noto, Ežov fu silurato nel '38 e fucilato nel '40.

In quegli anni, Palmiro Togliatti, il Migliore, viveva a Mosca, era perfettamente in grado di vedere tutto dato il suo alto ruolo direttivo, ma evidentemente guardava da un'altra parte. E anche qui, varrà la pena di aprire una parentesi: un partito capace di autocritica e di discussione seria sui propri errori non consente senza proposte di rettifica la pubblicazione di una voce "Palmiro Togliatti", come quella che si trova ancor oggi su Wikipedia in italiano, piena di preterizioni e falsità. E non si dica che queste voci di Wikipedia Italia sono state scritte da altri, magari da "nemici interessati". Ma questa è un'altra storia, della quale parleremo con calma.

Per intanto, converrà soffermarci su un'osservazione generale: questo documento – e il volume che lo contiene – è stato tradotto e pubblicato in Italia in un contesto che sembra tenda a vedere i crimini dello stalinismo non come terribile normalità, ma solo come aberrazione eccezionale, propria del pur vasto mondo del Gulag, e non della società intera dei cittadini sovietici. Sembra spesso che si tenda a mostrare gli orrori del Gulag per farci dimenticare gli altri… E questo è il più grande imbroglio che oggi possa essere tentato nei riguardi nostri, e l'insulto più vergognoso per una popolazione che anche fuori da questi mostruosi campi di sfruttamento e di morte ebbero la sventura di vivere in quei Paesi in quei tempi.

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Nota del Procuratore dell'Urss A. Ja. Višinskij per il Commissario del Popolo agli affari interni N. I. Ežov sui risultati dell'ispezione condotta nel lager dell'NKVD dell'Urss.

19 febbraio 1938

Segretissimo

Al Commissario del Popolo agli affari interni dell'Unione Sovietica Commissario generale della Sicurezza dello Stato

L'ispezione condotta dalla Procura dell'Urss sulle condizioni di detenzione nel lager Bajkalo-Amurskij, Dal'ne-Vostičnyj, Ussurijskij-Pečorskij ha accertato che in alcune sottosezioni di questi campi le condizioni di detenzione sono insoddisfacenti, e in singoli casi assolutamente intollerabili.

Così per esempio nella colonna [ovvero unità] n° 52 della diciassettesima sezione (nella zona della stazione di Bikin, a 8 km dal confine con la Manciuria), sono custoditi 500 detenuti. Essi sono alloggiati in baracche fredde e sporche, con tavolacci sudici. A causa della mancanza di criteri precisi nella distribuzione dei detenuti nelle baracche, gli elementi più corrotti si sono creati le condizioni migliori, hanno occupato i posti migliori (vicino alla stufa), sottraggono la razione e gli abiti di coloro che lavorano, ragion per cui i detenuti non sono stimolati a uscire al lavoro. 222 detenuti non escono affatto; di questi, 98 non lavorano perché sono completamente privi di calzature e vestiti. Fra questi detenuti c'è un gruppo talmente miserabile e infestato dai pidocchi da rappresentare un vero pericolo per quelli che lo circondano dal punto di vista sanitario. Questo gruppo di detenuti si è talmente abbrutito che ha perduto ogni sembianza umana. Per l'insufficienza di cibo (data la razione punitiva), raccolgono rifiuti di cucina e, secondo le parole di alcuni detenuti, queste persone mangiano ratti, cani e, come ha comunicato il capo-colonna, nella zona della colonna è rimasto vivo un solo cane, che appartiene a lui personalmente. A causa del vitto insoddisfacente nell'infermeria sono ricoverati detenuti estremamente deperiti, e anche con le estremità congelate. […]

Il procuratore del Bamlag con la lettera 26 gennaio1938 mi ha comunicato quanto segue:

«Nell'infermeria dormono nudi sui tavolacci comuni, come sardine in scatola (letteralmente, non è un'eagerazione). Per settimane non vengono portati a fare il bagno per mancanza di biancheria. In alcuni reparti ci sono donne (su giacigli di legno) ricoverate insieme agli uomini. La malata di sifilide sta accanto al tubercolotico. Nella corsia comune, sul tavolaccio, ammassati l'uno sull'altro, giacciono insieme malati di risipola (contagiosa) e di malattie gastrointestinali. I tubercolotici insieme ai pazienti chirurgici. Dagli scaglioni in arrivo si prelevano i morti congelati (scaglione di Mosca).

I nuovi venuti non hanno addosso neanche la biancheria, nient'altro che stracci, e il guaio è che nel Bamlag non c'è un solo cambio di biancheria, né un paio di stivali, né un abito di scorta. Hanno il corpo coperto di croste, non vanno a fare il bagno, dato ch non viene data loro la biancheria, sui loro cenci strisciano a centinaia i pidocchi. Non c'è sapone. Molti non hanno nulla da mettersi per uscire alla latrina. La cosiddetta squadra dei convalescenti è costituita […] da una baracca buia in cui vivono senza alcuna biancheria, né giubbe, ma solo con delle giacchette lacere, delle parvenze di uomini, o più esattamente di selvaggi, o uomini dell'età della pietra, e gli scaglioni di gente seminuda continuano ad arrivare, e la gente raggiunge la nuova strada senza vestiti, senza scarpe, e da noi ci sono 20-50 gradi sotto zero. Non ci sono alloggi. Non abbiamo di che costruire alloggi, non ci sono strumenti, seghe, asce. Che fare? Dagli ultimi scaglioni prelevano i malati di tifo petecchiale. Qualcuno, qualcuno di ostile, fa in modo che la gente muoia per strada, muoia una volta arrivata alla destinazione.

Per non trattenere un vagone e non creare un ingorgo sulla linea ferroviaria, gli zelanti direttori della quattordicesima sezione hanno deciso di inviare a piedi per 17 km i detenuti, vestiti così com'erano arrivati, col risultato che del primo gruppo di 750 persone 5 sono morte per strada, e 92 hanno avuto le membra congelate (soprattutto i piedi). Nel secondo gruppo ci sono state 42 persone con segni di congelamento, e 30 nel terzo.

Per lunghi periodi non vengono distribuiti grassi. I malati di stomaco più deboli ricevono lo stesso vitto degli altri. Nell'infermeria non c'è zucchero (quattordicesima sezione). La situazione alimentare è disastrosa. Adesso, prima che le strade diventino impraticabili, 60.000-70.000 detenuti saranno spediti nella profondità della tajga, e i viveri sono garantiti per un solo mese. La gente si può ritrovare senza cibo, tagliata fuori dal mondo da paludi impraticabili, fino al mese di novembre. Centinaia di telegrammi inviati al GULAG sulla situazione catastrofica del campo restano senza risposta. Gli uomini sembrano bestie selvatiche, alcuni sono semifolli. Non ci sono ortaggi freschi. Fra due o tre mesi comincerà lo scorbuto, e intanto continuano a mandare e mandare uomini. In tre mesi e mezzo ne sono arrivati 75.000, e altrettanti sono in viaggio» […]

Sulla base dell'ispezione condotta all'Uchtpečlag ho accertato che anche in quel campo le condizioni di vita dei detenuti sono palesemente insoddisfacenti. Solo al 60% dei detenuti viene fornito un alloggio gli altri durante la stagione invernale sono distribuiti in tende inadatte alla vita in inverno. Neanche il 50% dei detenuti è fornito di abiti pesanti e scarpe. Per tale motivo durante il trasferimento di 2086 detenuti dal lagernyi punkt di Sindor al settore di Tobys, avvenuto il 4 novembre 1937 per disposizione dell'ingegnere capo dell'Uchtpečlag, Maksimovič, 16 detenuti rimasero assiderati durante il tragitto e morirono per il freddo e lo sfinimento. Contro i colpevoli di questo delitto, Maksimovič e altri, la procura del lager ha avviato un procedimento […]

da Oleg V. Chlevnjuk, Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al Grande Terrore, Torino, Einaudi, 1993.

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