domenica 3 agosto 2008

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domenica 03 agosto 2008, 07:00

La rivelazione di Fioravanti: «I familiari delle vittime mi han scritto: basta odio»
Di Gian Marco Chiocci

Valerio Fioravanti, al di là dei soliti fischi in piazza e delle dichiarazioni dei colpevolisti a oltranza, questa ricorrenza della strage di Bologna sembra essere diversa dalle altre...
«È così. Qualcosa sta cambiando: la gente, l'opinione pubblica, la politica, la stampa. Tutti hanno iniziato ad aprire gli occhi, qualcuno è andato oltre cominciando a ragionare su ciò che per anni è stato nascosto e che finalmente sta emergendo a livello internazionale. Parlo soprattutto del famigerato Carlos e del sua rete Separat legata ai palestinesi. Il superterrorista ha ammesso, per la prima volta, che l'esplosivo di Bologna era il suo. Ed è una novità non da poco, che però è passata, e continua a passare, sotto silenzio. Ma per me e per Francesca (Mambro, la moglie, ndr) questa ricorrenza ha un sapore diverso soprattutto per un altro motivo».

Quale?
«Per la prima volta è accaduto un fatto per noi epocale: due persone che hanno perso i loro cari alla stazione di Bologna ci hanno scritto una lettera bellissima in occasione del compleanno di Francesca. Parole meravigliose, intime, di distensione. Ne è nato un rapporto. Loro, prima di altri, hanno capito che è venuto il momento della pacificazione».
Sta dicendo che si sta spaccando il fronte colpevolista dei familiari delle vittime?
«Sto dicendo che a distanza di anni, al di là di quanto sta finalmente emergendo, non tutti coloro che hanno subito un lutto per l’esplosione di quella maledetta bomba, hanno voglia di insistere con la contrapposizione a oltranza e le parole d'odio. Non sentono più il bisogno di dare addosso per forza ai neofascisti Mambro, Fioravanti e Ciavardini perché così è sancito nelle linee guida dell’Associazione».


Il cui presidente, ieri, è tornato ad attaccarvi dicendo che è inutile appellarsi alle novità investigative perché tanto non c’è niente di nuovo su cui indagare.
«Appunto. Ha una sua filosofia personale, che non capisco e men che meno condivido. Il suo dolore va assolutamente rispettato anche laddove sembra offuscare meccanismi più preziosi. E poi non parlerei di un vero e proprio fronte costituito da chi non nutre il benché minimo dubbio su quella sentenza che vede l'istruttoria ferma a 20 anni fa. Sono pochi, credetemi, rispetto alle tante persone che almeno qualche domanda, sulla nostra effettiva responsabilità nella strage, se la pongono. Quel che mi interessa ora è discutere con tutti. Fino ad oggi è mancata questa volontà di guardarsi negli occhi per capire cosa è veramente successo quel 2 agosto. Dopo aver scontato la mia condanna, con garbo e in punta di piedi, chiedo uno sforzo. Mi sembra di vedere elementi di ottimismo, speriamo bene».


Torniamo alle novità clamorose, snobbate dalla procura di Bologna.
«La pista palestinese ormai è palese. Carlos, il terrorista filoarabo, ha ammesso che quell’esplosivo era il loro e che a farlo brillare sono stati i servizi israeliani o americani. Dice che loro lo stavano trasportando, che sono stati intercettati da un’intelligence occidentale che ha approfittato dell’occasione per far ricadere la colpa sulla sua organizzazione. È stato accertato che i palestinesi avevano basi con armi ed esplosivi a Bologna. È chiaro a tutti qual era il clima di quel periodo, con l’esplosione del Dc9 di Ustica e tutto il resto. Lo stesso Cossiga ha avanzato altre ipotesi sul Dc9 Itavia, tirando in ballo la Francia e Gheddafi, con un possibile gioco di ritorsioni fra i due paesi che collegherebbe Ustica a Bologna. Ora, io non so come stanno le cose, ma per la prima volta sappiamo di chi era la bomba».

Una risposta che la vostra sentenza non ha appurato.
«Non solo. Il processo Bologna si è concluso dicendo: non siamo in grado di dire il movente, il mandante, da dove viene l'esplosivo, chi materialmente si è recato Bologna, posto che Mambro e Fioravanti non c’erano. Lo stabilirà l'inchiesta bis. E comunque Fioravanti, Mambro (e Ciavardini) sono colpevoli lo stesso perché la strage è neofascista e loro erano i capi dei Nar».


C’è chi vuol spostare da Bologna l'inchiesta bis sulla strage.
«Tutti i grandi episodi di terrorismo internazionale vengono, per convenzione, processati a Roma. Penso ai generali argentini, a Ustica, Ilaria Alpi, e a tanti altri. Credo non sia tirata per i capelli la richiesta di un processo nella capitale con la speranza di avere un clima meno fazioso».


Come quei grandi processi che fanno acqua da tutte le parti, anche nel vostro c’è un pentito molto particolare.
«Massimo Sparti, si chiamava. È il pentito fondamentale di tutta l'inchiesta. Al figlio, negli ultimi istanti di vita, ha confessato di essersi inventato le accuse nei nostri confronti “perché costretto”. Ora, più che accanirmi a chiedere di scoprire chi costrinse Sparti, mi preme sottolineare il coraggio e la voglia di verità del figlio. Grazie a lui e a quei familiari delle vittime che si sono fatti avanti, penso che attraverso una pacificazione condivisa si potrà arrivare presto alla verità. Quella vera».

2 commenti:

duepassi ha detto...

la bomba del filoarabo Carlos,
il pentito che ammette di aver mentito...
ma in giro c'è il silenzio assoluto,
perché la "colpevolezza" di qualcuno era decisa a prescindere da qualsiasi prova contraria,
e non saranno le prove a far cambiare idea a chi non ha mai avuto dubbi, e non ne avrà mai...
persone così sono inconciliabili con la verità.
Peccato che abbiano i media a loro servizio (sarà per questo che odiano così tanto Berlusconi ?)

Per gli altri si apre qualche spiraglio sulla verità. e la speranza di conoscerla, finalmente.

Secondo me.

Crystal ha detto...

«Strage di Bologna fu un incidente della resistenza palestinese»
Presidente Cossiga, auguri per i suoi ottant' anni. Lei è sempre malatissimo, e tende sempre a relativizzare il suo cursus honorum - Viminale, Palazzo Madama, Palazzo Chigi, Quirinale -. Eppure la vita le ha dato longevità e potere. Come se lo spiega? «Ma io sono ammalatissimo sul serio! Nove operazioni, di cui cinque gravi, una della durata di sette ore, seguita da tre giorni di terapia intensiva. Ma resisto. Come si dice in sardo: "Pelle mala no moridi"; i cattivi non muoiono. E io buono non sono. Io relativizzo tutto quello che non attiene all' eterno. E poi, come spiego in un libro che uscirà a ottobre, "A carte scoperte", scritto con Renato Farina, tutte le cariche le ho ricoperte perché in quel momento e per quel posto non c' era nessun altro disponibile. Io uomo di potere? Sempre a ottobre uscirà un altro libro - "Damnatio memoriae in vita" - con tutti gli articoli, lettere e pseudo saggi di insulti e peggio pubblicati durante il mio settennato contro di me da Repubblica ed Espresso». A trent' anni dalla morte di Moro, il consulente che le inviò il Dipartimento di Stato, Steve Pieczenick, ha detto: «Con Cossiga e Andreotti decidemmo di lasciarlo morire». Quell' uomo mente? Ricorda male? Ci fu un fraintendimento tra voi? O a un certo punto eravate rassegnati a non salvare Moro? «Quando, con il Pci di Berlinguer, ho optato per la linea della fermezza, ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte. Altri si sono scoperti trattativisti in seguito; la famiglia Moro, poi, se l' è presa solo con me, mai con i comunisti. Il punto è che, a differenza di molti cattolici sociali, convinti che lo Stato sia una sovrastruttura della società civile, io ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era così: la dignità dello Stato, come ha scritto, non valeva l' interesse del suo nipotino Luca». Esclude che le Br furono usate da poteri stranieri che volevano Moro morto? «Solo la dietrologia, che è la fantasia della Storia, sostiene questo. Tutta questa insistenza sulla "storia criminale" d' Italia è opera non di studiosi, ma di scribacchini. Gente che, non sapendo scrivere di storia e non essendo riusciti a farsi eleggere a nessuna carica, scrivono di dietrologia. Fantasy, appunto». Quale idea si è fatto sulle stragi definite di «Stato», da piazza Fontana a piazza della Loggia? La Dc ha responsabilità dirette? Sapeva almeno qualcosa? «Non sapeva nulla e nessuna responsabilità aveva. Molto meno di quelle che il Pci (penso all' "album di famiglia" della Rossanda) aveva per il terrorismo rosso». Perché lei è certo dell' innocenza di Mambro e Fioravanti per la strage di Bologna? Dove vanno cercati i veri colpevoli? «Lo dico perché di terrorismo me ne intendo. La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della "resistenza palestinese" che, autorizzata dal "lodo Moro" a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo. Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche». Scusi, i palestinesi trasportavano l' esplosivo sui treni delle Ferrovie dello Stato? «Divenni presidente del Consiglio poco dopo, e fui informato dai carabinieri che le cose erano andate così. Anche le altre versioni che raccolsi collimavano. Se è per questo, i palestinesi trasportarono un missile sulla macchina di Pifano, il capo degli autonomi di via dei Volsci. Dopo il suo arresto ricevetti per vie traverse un telegramma di protesta da George Habbash, il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina: "Quel missile è mio. State violando il nostro accordo. Liberate subito il povero Pifano"». C' è qualcosa ancora da chiarire nel ruolo di Gladio, di cui lei da sottosegretario alla Difesa fu uno dei padri? «I padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar. Io ero un piccolo amministratore. Anche se mi sono fatto insegnare a Capo Marrangiu a usare il plastico». Il plastico? «I ragazzi della scuola di Gladio erano piuttosto bravi. Forse oggi non avrei il coraggio, ma posseggo ancora la tecnica per far saltare un portone. Non è difficile: si manipola questa sostanza che pare pongo, la si mette attorno alla struttura portante, quindi la si fa saltare con una miccia o elettricamente...». E' sicuro che il plastico di Gladio non sia stato usato davvero? «Sì, ne sono sicuro. Gli uomini di Gladio erano ex partigiani. Era vietato arruolare monarchici, fascisti o anche solo parenti di fascisti: un ufficiale di complemento fu cacciato dopo il suo matrimonio con la figlia di un dirigente Msi. Quasi tutti erano azionisti, socialisti, lamalfiani. I democristiani erano pochissimi: nel mio partito la diffidenza antiatlantica è sempre stata forte. Del resto, la Santa Sede era ostile all' ingresso dell' Italia nell' Alleanza Atlantica. Contrari furono Dossetti e Gui, che pure sarebbe divenuto ministro della Difesa. Moro fu costretto a calci a entrare in aula per votare sì. E dico a calci non metaforicamente. Quando parlavo del Quirinale con La Malfa, mi diceva: "Io non c' andrò mai. Sono troppo filoatlantico per avere i voti democristiani e comunisti"». Qual è secondo lei la vera genesi di Tangentopoli? Fu un complotto per far cadere il vecchio sistema? Ordito da chi? Di Pietro fu demiurgo o pedina? In quali mani? «Credo che gli Stati Uniti e la Cia non ne siano stati estranei; così come certo non sono stati estranei alle "disgrazie" di Andreotti e di Craxi. Di Pietro? Quello del prestito di cento milioni restituito all' odore dell' inchiesta ministeriale in una scatola di scarpe? Un burattino esibizionista, naturalmente». La Cia? E in che modo? «Attraverso informazioni soffiate alle procure. E attraverso la mafia. Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all' Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal ' 92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili». Quando incontrò per la prima volta Berlusconi? Che cosa pensa davvero di lui, come uomo e come politico? «Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln...». Ci sono accuse più recenti. «Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour. Quindi, stiamo con la Carfagna». Lei non è mai stato un grande estimatore di Veltroni. Come le pare si stia muovendo? Resisterà alla guida del Pd, anche dopo le Europee? «E che cosa è il Pd? Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D' Alema, di cui ho anche disegnato il logo: un punto rosso cerchiato oro. Veltroni è un perfetto doroteo: parla molto, e bene, senza dire nulla. Perderà le Europee, ma resisterà; e l' unica garanzia per i cattolici nel Pd che non vogliono morire socialisti». Perché le piace tanto D' Alema? «Perché come me per attaccare i manifesti elettorali è andato di giro nottetempo con il secchio di colla di farina a far botte. Perché è un comunista nazionale e democratico, un berlingueriano di ferro, e quindi un quasi affine mio, non della mia bella nipote Bianca Berlinguer che invece è bella, brava e veltroniana. E poi è uno con i coglioni. Antigiustizialista vero, e per questo minacciato dalla magistratura». Cosa pensa dei giovani cattolici del Pd? Chi ha più stoffa tra Franceschini, Fioroni, Follini, Enrico Letta? «Sono una generazione sfortunata. Il loro futuro è o con il socialismo o con Pierfurby Casini». Come si sta muovendo suo figlio Giuseppe in politica? E' vero che lei ha un figlio "di destra" e una figlia, Annamaria, "di sinistra"? «Li stimo molto entrambi. Tutti e due sono appassionati alla politica come me. Mia figlia è di sinistra, dalemiana di ferro, e si iscriverà a ReD. Mio figlio è un conservatore moderno, da British Conservative Party. Io pencolo più verso mio figlio». E' stato il matrimonio il grande dolore della sua vita? «Non amo parlare delle mie cose private. Posso solo dire che la madre dei miei figli era bellissima, intelligentissima, bravissima, molto colta. Che ha educato benissimo i ragazzi. E che io l' ho amata molto». * * * Passato e presente Il personaggio Il Pd e Red Il Pd? Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D' Alema, di cui ho anche disegnato il logo: un punto rosso cerchiato oro ||
Cazzullo Aldo
Pagina 13
(8 luglio 2008) - Corriere della Sera
http://archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/08/Cossiga_compie_anni_Moro_Sapevo_co_9_080708006.shtml