mercoledì 22 luglio 2009

Il regime religioso iraniano di Ali Khamenei (click)

“Ho stuprato le ragazze iraniane prima di giustiziarle "

21 Luglio 2009

In un’intervista inedita e scioccante che descrive l’efferatezza del regime religioso iraniano del leader supremo Ali Khamenei, un uomo appartenente alle milizie paramilitari Basiji ha raccontato a chi scrive del proprio ruolo nella repressione delle proteste delle scorse settimane.

L’intervistato non ha taciuto i dettagli del suo servizio in questa milizia, non nascondendo di aver partecipato allo stupro di ragazze iraniane poco prima che venissero messe a morte.

L’intervista è stata fatta per telefono, dietro la garanzia dell’anonimato. Quanto riferito è stato poi avallato da fonte degna di fiducia, la cui identità non può essere rivelata.

Fondata dall’ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1979 come “milizia popolare”, la milizia Basiji è reclutata su base volontaria ed è alle dipendenze delle Guardie della Rivoluzione, corpo fedele al successore di Khomeini, Khamenei.

Il miliziano Basiji con cui abbiamo parlato, un padre di famiglia, è stato sentito subito dopo essere stato scarcerato. Il suo crimine: lasciare in libertà due ragazzi iraniani – un 13enne e una 15enne – che erano stati arrestati durante i disordini seguiti alle presidenziali di giugno.

“Ci sono stati molti altri, tra poliziotti e agenti di altre forze di sicurezza, che sono stati arrestati per la loro tolleranza verso chi protestava nelle strade, o perché hanno liberato qualcuno senza richiedere il permesso ai superiori”, ha detto l’uomo.

Le violenze più brutali contro gli oppositori, ha aggiunto, sono arrivate da quei reparti delle forze di sicurezza chiamati dall’esterno, ossia da reclute di 14-15 anni richiamate dai piccoli villaggi dell’interno per operare nelle città dove le proteste hanno avuto luogo.

“Ai ragazzi di 14 e 15 anni è stato dato così tanto potere... e mi dispiace dover dire che ne hanno abusato – continua il miliziano – Questi ragazzi fanno tutto quello che vogliono: costringono la gente a vuotare il portafoglio, entrano nei negozi e portano via le cose senza pagare, toccano le ragazze in modo inappropriato. Le ragazze sono così spaventate che se ne restano buone, lasciando far loro quello che vogliono”. Questi giovanissimi e altri “vigilantes in borghese”, aggiunge, hanno perpetrato i loro crimini quasi sempre in nome del governo.

Alla domanda di quale sia stato il suo ruolo nella brutale reazione che ha stroncato la protesta, e se abbia picchiato i manifestanti o provi rimorso per le sue azioni, l’uomo ha risposto evasivamente: “Non ho attaccato nessun manifestante, e anche se lo avessi fatto è mio dovere eseguire gli ordini – dice. – Non ho alcun rimorso, tranne per quanto riguarda il periodo in cui lavoravo come guardia carceraria, quando ero un adolescente”.

Spiega quindi che entrò nelle milizie Basiji grazie a sua madre, che lo portò al reclutamento.

Quando aveva 16 anni, “mia madre mi portò in un commissariato Basiji e li pregò di prendermi, perché non avevo nessuno né prospettive per il futuro. Mio padre andò al martirio nella guerra contro l’Iraq e lei non voleva vedermi finire schiavo della droga, o diventare un delinquente. Non avevo scelta”, ricorda.

Aggiunge quindi di essere stato una delle reclute migliori della milizia, e di avere a tal punto “impressionato i miei superiori” che, a 18 anni, “mi fu concesso l’onore di sposare in via temporanea una delle giovani che di lì a poco avremmo giustiziato”.

Nella Repubblica islamica, ci spiega, è illegale giustiziare una giovane donna, qualunque crimine abbia commesso, fin tanto che è vergine. Per questo motivo, la notte prima che venga eseguita la sentenza si tiene una cerimonia nuziale, in cui la giovane è costretta ad avere un rapporto sessuale con una guardia della prigione – in pratica, viene stuprata dal “marito”.

“Di questo mi rammarico, anche se il matrimonio era del tutto legale”.

E perché questo rammarico – chiediamo – vista la “legalità” del matrimonio?

“Perché credo che la cosa veramente insopportabile per le ragazze era proprio quella notte ‘di nozze’, ancor più dell’esecuzione che le attendeva la mattina dopo. Sapevamo che si sarebbero ribellate, perciò dovevamo mettere dei sedativi nel loro cibo. Alla mattina le ragazze avevano un’espressione vuota; sembrava come se fossero pronte e volessero morire”.

“Ricordo le loro urla e il loro pianto quando tutto [lo stupro] era finito. Non dimenticherò mai una ragazza, subito dopo prese a graffiarsi furiosamente la faccia e il collo, fino a procurarsi profonde ferite per tutto il corpo”.

Tornando agli eventi delle ultime settimane, e alla decisione di lasciar liberi quei due adolescenti, l’uomo ha detto che, “onestamente”, non sapeva perché lo faceva, pur sapendo che una tale decisione lo avrebbe fato arrestare, “ma penso che sia stato il fatto che erano tanto giovani. Sembravano bambini, e sapevo quel che sarebbe accaduto loro se non fossero stati liberati”.

Spiega che se un uomo viene ritenuto responsabile delle proprie azioni da 13 anni in poi, per una donna l’età si abbassa a 9 anni, e che a metterlo “veramente nei guai” è stata proprio la liberazione della 15enne. “Non sono stato maltrattato, né interrogato seriamente mentre ero dentro”, dichiara. “Sono stato messo in una stanzetta, e lasciato solo. In isolamento è dura, così ho passato la maggior parte del tempo pregando e pensando a mia moglie e ai miei ragazzi”.

Traduzione di Enrico De Simone

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