mercoledì 19 marzo 2008

Un altro "Serpico"?

18/3/2008 (7:24) - IL CASO
Arrestò Riina, in cella per i mobili
"Arciere" fece parte del nucleo che arrestò Riina nel '92
+ Tradito dall'intermediario: "Eravamo in due"
MULTIMEDIA

AUDIOManette all'uomo che catturò Riina
"Arciere" accusato di aver mentito sul furto di Stupinigi: «Voleva una medaglia»
MASSIMO NUMA
TORINORiccardo Ravera, 46 anni, era «Arciere», maresciallo capo dei carabinieri che fece parte del nucleo guidato dal capitano «Ultimo». Arrestò - nel ‘93 a Palermo - Toto Riina. Da ieri mattina è agli arresti domiciliari, in un paese della cintura torinese. Con lui è finito in cella il sovrintendente capo della Polizia stradale di Saluzzo, Giuseppe Cavuoti, 45 anni. Ravera è accusato di concorso in estorsione e di avere redatto false relazioni di servizio. Cavuoti ha lo stesso capo di imputazione, più l’associazione per delinquere, assieme a un gruppo di nomadi sinti, residenti da decenni a Villafranca (Torino).
La storia è quella del furto da 20 milioni - i preziosi mobili che erano custoditi nella palazzina di caccia dei Savoia, a Stupinigi - avvenuto nella notte tra il 18 e il 19 febbraio 2004 e riconsegnati, in circostanze misteriose, il 25 novembre 2005, in un prato di Villastellone. Intatti e ricoperti di brina. C’erano quelli rubati, l’allarme aveva segnalato la presenza dei ladri per 700 volte, il custode, spazientitò, alla fine lo disattivò. E c’erano otto pezzi in più, valore 100 mila euro. Un cadeau dei ladri.
Attraverso un intermediario, cioè la fonte segreta di Cavuoti e Ravera, avevano chiesto e ottenuto 240 mila euro dalla proprietà, la Fondazione Mauriziana e l’assicurazione Axa Art. Il gip Silvia Bersano Begey, nelle 73 pagine dell’ordinanza della custodia cautelare, ricostruisce l’intera vicenda, utilizzando soprattutto intercettazioni ambientali e telefoniche, disposte dai pm Enrico Arnaldi di Bayme e Andrea Padalino.
I guai di Arciere e del collega-amico poliziotto, iniziano proprio da qui. E’ Cavuoti, poco dopo il furto, a individuare l’informatore che avrebbe potuto far ritrovare il tesoro. Ma, secondo i pm, l’intermediario, Adriano Decolombi, non era altro che il capo della gang. Quei mobili, così conosciuti e unici, nel circuito legale non li avrebbe comprati nessuno. Così i nomadi avevano deciso di chiederne il riscatto. Dopo una serie di tentativi andati a vuoto con altre istituzioni, si sarebbero rivolti a «Beppe», cioè Cavuoti, che coinvolse il maresciallo Ravera, membro del nucleo Tpc, Tutela patrimonio culturale. Sempre secondo i pm, nè il poliziotto, nè i carabinieri avrebbero informato l’autorità giudiziaria che Decolombi, in realtà, era il ladro e che proprio a lui, e alla sua famiglia, sarebbe stato consegnato il riscatto.
Il moventeIl gip, nel riepilogo, si concentra sul possibile movente di questa operazione condotta sul filo del rasoio, e premiata alla fine con encomi solenni e pure la medaglia di bronzo del Quirinale, consegnata ad Arciere da Ciampi. Medaglia che ora Arciere, profondamente segnato dalla vicenda, ha deciso di restituire.
Scrive il gip: «...Nella manovra estorsiva che ha permesso ai Sinti il conseguimento di un ingiusto profitto, dietro minacce di provocare un rilevante danno... Ravera, sfruttando collegamenti criminali altrui ma ponendo in essere un contributo nel disegno complessivo con modalità connotate da maggior gravità rispetto alla condotta del Cavuoti, e ciò perché la particolarità del suo ruolo istituzionale lo ha reso un anello essenziale, garantiva sin dall’inizio ai ladri che avrebbero ottenuto la taglia...
Va però rilevato che manca quel rapporto organico con un settore della criminalità che costituisce invece il fulcro del problema cautelare nella posizione Cavuoti». Poi: «...Per Ravera ci si trova di fronte a un’unica spericolata manovra compiuta una volta saggiato il terreno dal quale poteva scaturire un’operazione che avrebbe potuto fruttare un riconoscimento rilevante in termini di immagine e di carriera». Idem, più o meno, il movente del collega della Stradale.
Insomma, nè Arciere, nè Cavuoti avrebbero preso soldi dalla gang.L’avvocato di fiducia di «Arciere», Loredana Gemelli, è pronta a dare battaglia. Il legale contesta «l’opportunità, dopo anni di indagini, di procedere oggi all’arresto. Non ci sono ragioni di un’azione così violenta, che tende a rovinare la vita stessa, umana e professionale, di Ravera. Da mesi chiediamo di essere interrogati, abbiamo svolto un’attività investigativa parallela e dimostreremo che Decolombi, per Arciere, era solo e unicamente l’intermediario. E non uno dei ladri».
Laconico il procuratore della Repubblica torinese, Marcello Maddalena: «In questa fase, delicata, in attesa degli interrogatori, non posso dire nulla. Si terranno presto, secondo le norme, entro 10 giorni».Solidarietà da Arciere anche dal suo ex comandante, il capitano «Ultimo»: «Io, come sempre, sono con Arciere che è un grande combattente e, come sempre, con Arciere continueremo a lottare per la giustizia contro l’ingiustizia».

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200803articoli/31120girata.asp

3 commenti:

ambra ha detto...

Quanti scheletri conosce Arciere ?
La paura fa novanta. Ci risiamo.

Crystal ha detto...

Casi simili stanno spuntando come funghi e mi domando quanti altri casi ci saranno.
Come si può continuare così?

ambra ha detto...

E' acclarato : è un altro Serpico.