mercoledì 9 aprile 2008

DA GUIDO UN DOCUMENTO DA CONSERVARE


Il caso di Giuseppe Monsurro' diventa internazionale

Giuseppe Monsurro', come altri italiani, era semplicemente in vacanza in Croazia con la famiglia, gente perbene che non ha mai fatto niente di illegale, trovatosi improvvisamente in prigione, percosso violentemente dalla polizia e lasciato per giorni interi seminudo, senza acqua e viveri. Hanno dovuto pagare una cauzione (o riscatto??) di 40 mila euro per poter tornare a casa


Il caso di Giuseppe Monsurrò, cittadino italiano che lo scorso mese di agosto 2007 ha dovuto subire un ingiusto arresto in Croazia, dove si era recato in vacanza con la famiglia e alcuni amici, e detenuto per ben 42 giorni in un carcere locale, apre un caso internazionale. A interessarsi alla vicenda sono stati veramente pochi organi di informazione sia durante la detenzione che in seguito. Ma a fare poco, o nulla, ci si è messo anche il governo italiano, forse per paura di danneggiare le relazioni con Zagabria.

Una delle poche organizzazioni a interessarsi al caso è Secondo Protocollo una ONLUS che ha come obbiettivo la difesa dei Diritti Umani in qualsiasi parte del mondo. Secondo Protocollo ha infatti inoltrato una denuncia contro la Croazia, su mandato dello stesso Monsurrò, presso la Corte Europea dei Diritti Umani, per gravi violazioni del Diritto perpetrate dalle autorità croate.
Ma andiamo con ordine, ecco gli eventi raccontati a News ITALIA PRESS dalla voce stessa di Giuseppe Monsurrò, 25enne napoletano, da poco titolare di una agenzia pubblicitaria: “Quando è avvenuto il mio arresto era l’ultimo giorno di vacanza, una vacanza tranquilla che avevo voluto fare in relax con la famiglia e gli amici a Pula, in Istria, come tanti italiani. Eravamo 6 famiglie. Avevamo scelto un villaggio, come ce ne sono tanti, con bungalow e posto per il campeggio. La permanenza al villaggio aveva riscontrato alcuni problemi i giorni precedenti: diciamo che non eravamo stati trattati bene dal personale locale, soprattutto dalla security del villaggio, si erano registrati casi di donne importunate e altri eventi spiacevoli come mancati soccorsi a ferimenti di alcuni ospiti italiani. Io mi ero lamentato del trattamento più volte con il direttore del villaggio e lui adeguatamente, così ci sembrò allora, aveva rimproverato il personale della sicurezza scusandosi al contempo con noi e promettendoci di cambiare i turni al personale e il personale stesso. L’ultima sera di permanenza, con amici stavamo apprestandoci a vedere un film su un lettore dvd portatile, quindi con una scarsa capacità acustica, quando improvvisamente hanno fecero irruzione nel nostro bungalow gli addetti alla sicurezza. Con fare minaccioso ci intimarono di uscire. Tengo a precisare che rispettavamo tutte le regole del villaggio: alla mezzanotte bisognava rispettare il silenzio ed erano le 22, non fumavamo né eravamo ubriachi, nessuno beveva alcolici. La sicurezza ha cominciato a insultarci pesantemente, ma noi non abbiamo mai reagito. Alla loro minaccia di chiamare la polizia, una misura che pensavamo intimidatoria, abbiamo risposto di chiamarla pure, sentendoci noi maggiormente tutelati da una divisa della polizia che da questi ceffi. Purtroppo non è stato così. Abbiamo subito visto la connivenza degli addetti alla sicurezza con la polizia locale, giunta addirittura in tenuta anti-sommossa. Io stavo riprendendo tutto con la mia macchina fotografica digitale. Iniziò una discussione: noi cercavamo di chiarire alla polizia la vera aggressione da parte degli addetti alla sicurezza, c’era un clima concitato, animato, ma nessun tipo di violenza, almeno sinché un poliziotto ha colpito con una manganellata una donna al braccio. Il marito si è messo prontamente in mezzo, con il solo scopo di proteggere la moglie. A quel punto è intervenuta la polizia che ha cominciato a caricarci tutti. L’uomo è stato picchiato selvaggiamente. Io sono scappato, a quel punto la polizia ha arrestato casualmente 3 persone tra cui mio cognato, appena uscito dal bungalow per vedere cosa era successo. Anche io e mio padre, calmatesi le acque siamo intervenuti per capire il motivo e chiarire il tutto, io avevo in mano ancora la macchina fotografica. Uno dei responsabili della sicurezza vedendola e pensando che avessimo le prove di come erano andate veramente le vicende ha cercato di strapparmela di mano aggredendomi improvvisamente. Appena mi sono mosso per difendermi sono stato aggredito da 3 poliziotti e picchiato a manganellate pure io. Mi mancava il respiro. Credevo di morire”.
Ma purtroppo era solo l’inizio di un incubo…
“Sono stato trascinato dalla polizia in tenuta anti-sommossa sul furgone, sono stato pestato ripetutamente fino all’arrivo in caserma. Pensavo fosse finita a quel punto, ma non è stato così. Eravamo cinque arrestati, appena arrivati ci hanno fatto scendere, messi insieme in cortile e nuovamente picchiati. Ero scalzo, completamente livido e sanguinante. Entrato nell’edificio sono stato picchiato a freddo con un pugno in bocca da quello che doveva essere l’appuntato. Eravamo carne da macello, un vero sport per i poliziotti, chiunque arrivasse ci picchiava e scherniva. Abbiamo subito vere e proprie torture, come lo strettissimo ammanettamento, sentivo le ossa stritolarsi sotto la carne. Per 3 giorni siamo stati tenuti al commissariato senza la possibilità di chiamare nessuno, ci veniva infatti concessa una sola chiamata in Croazia. Non ci hanno dato da mangiare, potevamo soltanto bere. Una mia amica è rimasta ammanettata per ore in costume da bagno, come prelevata dal villaggio, ad una sedia vicino all’ingresso. Io ho fatto una notte ammanettato alla scrivania in una cella con uomo nudo sdraiato per terra come compagno. In tutto questo tempo nonostante mia madre avesse allertato l’ambasciata non abbiamo mai visto un rappresentante italiano. Con un sotterfugio ci hanno chiesto chi poteva testimoniare a nostro favore per il rilascio. Dopo che noi fornimmo i nomi, questi altri nostri amici e parenti, 6 in tutto, sono stati convocati al commissariato, ma anziché sentirli, appena giunti sono stati incriminati anche loro! 11 persone in stato di fermo, persone non solo incensurate, ma che mai avrebbero immaginato nella loro vita di vivere momenti simili. La connivenza era estesa anche ai medici che mi visitarono dopo qualche giorno, non riscontrarono nulla, nonostante gli evidenti segni, l’asma di cui soffro e la lussazione al ginocchio che mi fu riscontrata al mio rientro in Italia.
Riuscimmo a chiamare un avvocato locale che si rivelò inetto perché non ci disse che ogni incriminato deve avere un suo difensore. Nonostante ciò il giudice, dopo un week end di carcere, permise ai 6 testimoni, le persone da noi chiamate e anche loro messe in stato di fermo, di essere rilasciati dietro il pagamento complessivo di 3500 euro che furono pagati in contanti, messi insieme da parenti e amici presenti al villaggio. Pensavamo che anche per noi potesse profilarsi una situazione simile ma non fu così. Io fui accusato di disturbo della quiete pubblica, aggressione alla security e lesione grave di un poliziotto che poi si rivelò, alla fine, il ferimento di un dito mignolo, probabilmente procurato nel lungo pestaggio ai miei danni.
Per farla breve, sono rimasto incarcerato per 42 giorni, fino al 2 ottobre. In questo lungo periodo ho visto il console solo 2 volte, la prima volta dopo 12 giorni dall’arresto. Fu lo stesso console a confidarmi che non si voleva che il caso diventasse “un caso politico”. Solo grazie al cambio di un avvocato, consigliatomi da un altro detenuto, sono riuscito a ottenere la mia scarcerazione, e solamente dopo il pagamento di una cauzione patteggiata tra l’avvocato e il giudice di una somma di 40.150 euro! “L’italiano deve lasciare il valore di una grossa auto” fu detto in via confidenziale all’avvocato. Ogni volta che andavo dal giudice venivo deriso. Il PM ha chiesto per me 1 anno e 3 mesi di carcere. Anche in prigione avevano messo in giro la voce che fossi un mafioso italiano e sono stato messo 5 giorni in isolamento. Questo prima di ogni condanna!”
Ora la richiesta di una giustizia vera.. “Si vorrei che il mio caso fosse conosciuto, per me allora si mosse solamente un parlamentare che pubblicamente fece interpellanze parlamentari. Nessun altro.”
Ed è giustiza vera quella che chiede infatti Secondo Protocollo alla Corte Europea di Giustizia: a seguito di diverse indagini condotte da Secondo Protocollo stessa e dai legali di Monsurrò, è infatti emerso che la pratica di arrestare cittadini italiani per poi costringerli a pagare un riscatto è molto diffusa in Croazia.

“Stiamo raccogliendo altre testimonianze di italiani – ha detto a News ITALIA PRESS Franco Londei, presidente di Secondo Protocollo - che, senza apparente ragione o per futili motivi, sono stati arrestati, sottoposti a percosse dalla polizia croata e poi rilasciati a seguito del pagamento di un riscatto, testimonianze che saranno sottoposte all’attenzione della Corte Europea dei Diritti Umani.
Quello che ci preme far sapere è soprattutto il rischio che un cittadino italiano corre andando in vacanza in Croazia. La testimonianza di Giuseppe Monsurrò, confermata da diversi testimoni, non lascia adito a dubbi sul fatto che la polizia croata non solo tende a prendere di mira i cittadini italiani, ma si spinge addirittura a insultare le Istituzioni italiane e le forze dell’ordine italiane (carabinieri e polizia).
Nonostante diverse interrogazioni parlamentari, il caso Croazia non sembra al momento interessare l’attuale Governo Italiano, per cui la cosa più ovvia da fare era rivolgersi all’Europa, dato anche che proprio la Croazia ha chiesto l’ingresso nell’Unione Europea. Il consolato sembra abbia fatto poco o nulla. C’è anche un altro caso simile, quello di operatore turistico di Bolzano'.

Secondo Protocollo ha chiesto alla Corte Europea dei Diritti Umani di aprire un procedimento contro la Croazia, fornendo prove inconfutabili dei reati commessi dalla polizia croata contro il cittadino italiano Monsurrò Giuseppe e contro altri cittadini italiani. Allo stesso tempo intende mettere in guardia quanti si recheranno nella prossima estate in Croazia, consigliando vivamente di procurarsi i numeri di telefono dei consolati italiani presenti sul territorio croato e soprattutto di prendere coscienza di quali siano i propri Diritti stabiliti dalle leggi internazionali, primo fra tutti il Diritto di contattare immediatamente le autorità consolari italiane, nel caso ci si trovi per qualsiasi motivo in condizioni di arresto. Monsurrò deve essere ancora giudicato dalla giustizia croata che pare sia addirittura intenzionata a chiedere un mandato di cattura internazionale. Ma “entro 10 – 15 giorni dovremmo sapere se il caso viene accettato dalla Corte Europea, allora comincerà a fare domande alla Croazia e lei dovrà rispondere, forse allora avremo uno spiraglio di giustizia” ha chiuso Londei.


News ITALIA PRESS

2 commenti:

Crystal ha detto...

Non ho parole!
Questo articolo va diffuso! Ma che razza di barbari vogliamo far entrare in Europa!

ambra ha detto...

E tu diffondilo.