sabato 26 aprile 2008

Un progetto israeliano


18.04.2008
Auto elettrica, e fine della dipendenza dal petrolio
Testata: PanoramaData: 18 aprile 2008, Pagina: 43, Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «ISRAELE LANCIA LA SFIDA AL PETROLIO ARABO: AUTO ELETTRICHE PER TUTTI»

Da Economy, magazine economico di PANORAMA, del 17 aprile 2008
Lo slogan è quello di "promuovere la pace tra l'ambiente e i mezzi di trasporto". Il progetto si chiama "Un posto migliore". L'idea è di far diventare l'automobile, elettrica, come un telefonino: ricaricabile o in abbonamento il servizio, gratis l'hardware .
Lo sponsor istituzionale è lo stato di Israele che entro il 2012 vorrebbe fare in modo che la maggior parte dei propri cittadini si converta all'auto elettrica di modo da non dovere dipendere più dal petrolio arabo. E le due marche automobilistiche che hanno aderito con entusiasmo, mettendo disposizione i propri modelli e i prototipi (oltre a un po' di ulteriori soldi per la ricerca), sono la Renault e la Nissan. Si chiama invece Shay Agassi l'inventore del "Project better place" che ha l'ambizione di rivoluzionare tutti i rapporti fra l'uomo e l'automobile.A cominciare dai prezzi di vendita.
L'auto infatti, nell'immaginazione di questo ricercatore noto per le proprie battaglie ambientaliste (e che nel tempo perso tiene un blog in cui discute con i propri fan le invenzioni e le esperienze fatte negli anni), non dovrebbe più essere venduta come merce ma come servizio.
Come per i telefonini che le varie marche danno gratis all'utente in cambio della firma di un contratto poliennale. Si paga il consumo e la ricarica energetica secondo un parametro sui chilometri che si percorrono. Come in una specie di leasing futuribile. E quando si arriva al tempo massimo di vita previsto per il motore elettrico in questione si ritira un'automobile nuova.
Nessuno si sbilancia sui costi visto che il progetto andrà a regime dopo il 2012, ma gli interessati fanno capire che il servizio potrebbe costare meno della rata di finanziamento per comprare un automobile: tra i 120 e 300 euro al mese a seconda dei modelli.
Il governo israeliano presieduto da Ehud Olmert e il capo dello stato Shimon Peres hanno dato l’annuncio lo scorso 21 gennaio quasi con accenti trionfalistici: per loro la corsa contro il tempo che prevede un finanziamento di oltre duecento milioni di dollari al famoso scienziato ecologista è anche una questione di sicurezza nazionale. Vivere infatti con intorno paesi potenzialmente ostili come Egitto, Arabia Saudita, Libano e Giordania (contro i quali in un passato abbastanza recente si sono combattute e vinte ben cinque guerre, senza contare la attuale minaccia che viene dall'Iran e dalla Siria oltre che dai territori palestinesi che tardano a diventare uno stato, possibilmente "non canaglia") e dovere contemporaneamente dipendere energeticamente da loro può alla lunga diventare una contraddizione insostenibile per Israele.
Di qui l'afflato pionieristico nel progettare non semplicemente un motore elettrico per due marche di auto che ci mettono la carrozzeria e qualche altra decina di milioni di dollari per finanziare la ricerca, ma un vero e proprio "sistema alternativo di trasporti e di vita". Che non a caso prende il nome di "project better place".
Le macchine elettriche nei piani dell'imprenditore e "inventore seriale" Shay Agassi, ebreo americano, dovrebbero andare avanti con batterie ricaricabili agli ioni di litio. Chi le compra, in realtà compra un contratto e acquista anche il diritto di servirsi gratis o con poco sforzo economico dei centri in cui le macchine vengono ricaricate, riparate o sostituite.
Si calcola che i centri, che sono vere e proprie stazioni di servizio, possano costare due o tre milioni di dollari l'uno e con questo primo investimento di duecento milioni di dollari Israele ne potrebbe finanziare una cinquantina. Con la meta di fare diventare tutto lo stato di Israele una sorta di laboratorio di questo new deal ambientale. E infatti nei prossimi anni verrà lanciata una massiccia campagna di incentivi a cambiare le proprie auto con auto elettriche a colpi di detrazioni fiscali. Inoltre il modello di vita innovativo proposto da Agassi, che si acquista insieme all'auto elettrica targata Nissan o Renault, prevede una quota mensile di spesa che poi si potrà ulteriormente dedurre dalla dichiarazione dei redditi. Si pagherà in proporzione ai chilometri fatti con il contratto paragonabile alla carta ricaricabile di un cellulare, oppure con un chilometraggio forfettario previsto da varie forme di abbonamento. Anche qui né più né meno di quanto già non avvenga in tutto il mondo sempre nel pianeta dei telefonini.
I prezzi come si diceva dovrebbero oscillare tra i 120 e i 300 euro al mese con possibilità alla scadenza del contratto di avere un nuovo modello di macchina esattamente come già avviene con il cellulare. Solo che il costo copre anche il carburante elettrico. Ovviamente il "project better place" prevede l'allestimento futuribile, a spese dello stato ebraico, di centinaia, se non migliaia, di infrastrutture simili a stazioni di servizio dove potrà essere ricaricata l'auto elettrica, sia sull'autostrada sia in città, e dove avverranno gratis le eventuali manutenzioni comprese nell'abbonamento.
E' chiaro il motivo per cui Israele fa molto volentieri da cavia a questo progetto innovativo, visti i vicini che si ritrova. Ma deve essere altrettanto chiaro che se la cosa funzionerà non si fermerà a Gerusalemme o a Tel Aviv. Alcuni altri paesi si sono già fatti avanti con Agassi chiedendogli di esportare il "project better place" anche ad altre latitudini. Fra questi l'India e la Cina che per problemi ambientali e di bilancia commerciale sono sempre più restii a entrare nel gioco al rialzo dell'Opec.
Inoltre l'elettricità che servirà a ricaricare i motori progettati da Agassi (e sistemati nei modelli forniti da Renault e Nissan) verrà quasi tutta prodotta con fonti alternative come il solare. Altro campo in cui lo stato ebraico è all'avanguardia nel mondo grazie ai pannelli che vengono prodotti nelle fabbriche locali e poi piazzati a produrre energia nell'assolatissimo deserto del Neghev.
Il lato B della faccenda? Che, se questa idea funzionerà e sarà esportata nel resto del mondo, sarà sicuramente promossa "la pace tra i mezzi di trasporto e l'ambiente", come recita lo slogan, ma in compenso, tra l'Occidente e i paesi arabi e islamici che vivono di petrolio, potrebbe invece incominciare una nuova "guerra di civiltà".

2 commenti:

ambra ha detto...

Chi vivrà vedrà.

Crystal ha detto...

Gli israeliani portano a termine i progetti, soprattutto quelli che sono legati alla loro sopravvivenza.
Questo sarebbe utilissimo anche per noi, meno dipendenza dal petrolio = più libertà