lunedì 1 settembre 2008

DA LUCHY

lunedì 01 settembre 2008, 07:29
> Le relazioni pericolose: da Marcos a Ocalan
> di Stefano Filippi
>
> Dice il saggio: dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi
guardo io. Ma
> il rifiuto della supervisione divina (essendo l'Onnipotente
impegnato a
> spacciare oppio tra popoli) condanna i pronipoti di Marx a
imbrogliarsi
> perennemente tra gli uni e gli altri. Prendiamo Prodi, per
esempio: è amico
> o nemico dei compagni di Rifondazione? Nel '96 lo fanno eleggere a
Palazzo
> Chigi, nel '98 lo impallinano, passati dieci anni lo votano di
nuovo per poi
> friggerlo a fuoco lento in altri 24 mesi. «Grande è la confusione
sotto il
> cielo, dunque la situazione è eccellente», sentenziava Mao, altro
padre
> nobile di Bertinotti and friends. E nel trionfo della confusione,
ecco
> spiegata la passionaccia di Rifondazione per le amicizie
pericolose,
> l'irrefrenabile spinta a difendere gli indifendibili, ad aiutare
gli
> inaiutabili, a finanziare gli infinanziabili. Fausto Bertinotti ne
ha messo
> insieme un campionario difficilmente eguagliabile. È del gennaio
1997 il
> filotto Marcos-Castro: un viaggio nel Chiapas e poi a Cuba.
>
> La foto dei due subcomandanti uno di fronte all'altro fece il giro
del
> mondo: Fausto in elegante maglia a righe orizzontali modello
Piazzetta di
> Capri e in mano il «Don Chisciotte» di Cervantes (definito da
Liberazione
> nientemeno che «un manuale contro il neoliberismo»), Marcos in
divisa
> guerrigliera con tanto di berrettino, passamontagna e cartucciere.
E quando
> Bertinotti atterrò all'Avana dal Messico, ad attenderlo trovò un
invito a
> cena del grande Fidel, il campione di tutte le democrazie
latinoamericane.
> Una cena al palazzo del Consiglio di Stato in piazza della
Rivoluzione che
> gettò in un certo imbarazzo Piero Fassino, allora sottosegretario
agli
> Esteri, che fu costretto a precisare: «La politica estera
dell'Italia è
> chiara e definita, non credo che un viaggio nel Chiapas la farà
cambiare».
> L'appoggio alle Farc è patrimonio del sub-subcomandante Ramon
Mantovani, a
> lungo responsabile esteri del Prc. L'ex parlamentare è un habitué
della
> foresta colombiana, uno che chiama «leggendario» il capo supremo
delle Forze
> armate rivoluzionarie colombiane, il sanguinario Manuel Marulanda,
una
> mammoletta soprannominata «Tirofijo» (cioè mira precisa) su cui
l'agenzia
> antidroga americana ha posto una taglia di cinque milioni di
dollari. Uno
> che garantisce: «Se i gringos venissero troverebbero un bel
benvenuto,
> sarebbe un nuovo Vietnam».
>
> Lo scorso marzo, quando «il compagno, il comandante Raul Reyes»
(uno dei
> capi della guerriglia) fu ucciso dai reparti speciali
dell'esercito di
> Bogotà, lo commemorò in un toccante articolo pubblicato da una
rivista come
> Limes che non citava neppure alla lontana Ingrid Betancourt. Il
sub-sub
> Ramon, assieme al sub-sub-subcomandante Marco Consolo, avevano
portato Reyes
> in Italia, ospite di Rifondazione, facendolo ricevere alla
Farnesina nel
> 1997. Da anni le Farc usavano il traffico di cocaina come
principale forma
> di autofinanziamento. Mantovani però preferiva ricordare con
commozione un
> altro genere di conforto, una bottiglia di whisky Buchanan 18 anni
stappata
> nella foresta dall'uomo «che lottava con le armi e con l'ironia».
Il
> capolavoro della coppia Mantovani-Consolo fu l'arrivo in Italia di
Abdullah
> Ocalan, il terrorista turco leader del partito curdo Pkk che il
sub-sub
> prelevò a Mosca e scortò in aereo a Roma, nella certezza che il
governo
> «amico» di Massimo D'Alema (il quale doveva riconoscenza ai
Bertinotti-boys
> per avergli spalancato le suite di Palazzo Chigi) gli avrebbe
concesso asilo
> politico. Quelli di Rifondazione sono così: romantici, sognatori,
utopistici
> Sono certi che con gli amici tutto si aggiusta.
>
> Sono convinti che Ocalan, Marcos, Reyes non sono nemmeno compagni
che sbagliano, ma compagni che fanno esattamente ciò che deve essere
fatto. Pensano che la Costituzione italiana, le leggi, i rapporti
internazionali siano pastoie che loro possono aggirare. Nel momento
in cui il fondatore del Pkk scese all'aeroporto di Fiumicino, i suoi
accompagnatori ignoravano che l'Italia non poteva né estradarlo né
ospitarlo, non si curavano di creare un incidente diplomatico
convogliando su D'Alema le accuse di violare le norme costituzionali
che regolano il diritto di asilo. E se ne fregavano se la Turchia
avrebbe decretato l'embargo contro le aziende italiane: tanto peggio
per il padronato. Ma tant'è, per Rifondazione le amicizie davvero
pericolose non sono quelle con i terroristi, ma con gli imprenditori
asserviti al capitale.
>

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